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dalla redazioneL'estate del '68
26/04/2006

Nell’avvicinarsi alle battute finali del campionato, pensavo che avrei fatto, prima o poi, un confronto con il campionato di serie C del 1970/71.

Confronto che, fino alla settimana scorsa, ci stava tutto, perché nel '70/'71 avevamo avuto sul collo, fino all’ultimo, il fiato della Spal, e questa volta stava prospettandosi la stessa situazione con lo Spezia.

L’unica differenza stava nella tifoseria, che in quei tempi ormai lontani, aveva trovato la capacità di stare sempre unita, mentre questa volta è divisa.



Estate '68: Piazza De Ferrari presidiata da tifosi (fonte: genoacfc.it)

 


La squadra, però, era prima in classifica, sia pure con poco vantaggio, come nel 1970/71, e questo permetteva un confronto.
Ma la Federazione, togliendoci altri tre punti fatti sul campo, quelli di Ravenna, ha cambiato con un colpo di scena le carte in tavola, in modo radicale.
Adesso per il Genoa il primo posto è diventato improvvisamente lontano, in confronto alle poche partite che mancano alla fine, e per i nostri colori si prospetta, realisticamente, la coda dei play-off.

Se penso ad agosto dello scorso anno, quando con gli amici della Rametta di De Ferrari, andavamo a Ronco a vedere la preparazione della squadra, devo dire che i play-off potrebbero anche essere accettati con maggiore serenità.
A quei tempi, sinceramente, sembravano il massimo che potessimo fare.
Vedendo cambiare ogni due o tre giorni, per le note vicende del processo-Preziosi, una parte dei giocatori che si allenavano, e vedendo cambiare in poco tempo persino l’allenatore, ci chiedevamo come avremmo potuto affrontare un campionato con giocatori che non si conoscevano, che si erano allenati insieme per pochi giorni e soprattutto con un allenatore appena arrivato.
Se si usasse la logica, bisognerebbe dire che il campionato del Genoa è stato una specie di miracolo.
Ma nel calcio italiano e nell’ambiente Genoa in particolare (all’estero, non mi stancherò mai di dirlo, non è così) la logica è un ospite indesiderato, e si preferisce sempre affidarsi all’emotività e agli intrighi sottobanco. Salvo poi contestare i risultati, figli anche di questo comportamento.

I play-off non sarebbero un dramma, se la squadra nel corso del campionato avesse potuto, senza l’incubo del dover “vincere sempre” scendere in campo con l’intento di giocare la palla.
Il che avrebbe permesso di migliorare l’intesa e di crescere come squadra, e avrebbe dato al tecnico, insieme alla possibilità di sbagliare –che è un diritto di tutti, tranne evidentemente che dei responsabili del Genoa- anche l’opportunità di fare le proprie scelte con maggior raziocinio.
Se fosse stato possibile fare questo, adesso ci troveremmo con una squadra affiata, un organico valido per la categoria (anche se incompleto) e ottime possibilità di essere promossi dopo i play-off.

Invece ci troviamo con una squadra ancora alla ricerca del gioco, che non ha una rosa di titolari fissi perché l’allenatore deve fare la formazione partita per partita, in base alle caratteristiche degli avversari, e non potendo scegliere in base ad un’idea di gioco.
Idea di gioco che non può sperimentare perché all’allenatore del Genoa nessuno da mai tempo.
E passi per i tifosi, ma che si comporti così anche la stampa è davvero grave e inaccettabile.
I giornalisti dovrebbero spiegare ai tifosi che la costruzione di una squadra richiede tempo, e invece cavalcano la tigre, ben felici di farlo.
A Napoli, il presidente ha chiesto cinque anni per tornare in A. Questo è un discorso serio.
A Genova se un presidente, appena arrivato al Genoa, parlasse in questo modo, dovrebbe fare subito le valigie e andarsene.
Come se non bastasse, c’è anche la contestazione di una parte della tifoseria, che va ad aggiungersi al problema della spaccatura della tifoseria stessa.

In queste condizioni, più che al campionato di C del 1970/71, mi viene allora da pensare all’estate degli spareggi del 1968.
In quell’occasione, dopo la fine del campionato avevamo dovuto sobbarcarci una specie di play-out ante litteram, per non retrocedere in C, che sono stati una cosa molto simile a quella che potrebbe capitarci tra non molto con i play-out.
L’ambiente era depresso come lo è adesso, persino incredulo, sbigottito, attonito. Il nome del Genoa, nonostante fosse stato ormai ampiamente ridimensionato, non era mai stato accostato alla serie C.
L’umore della squadra era la normale conseguenza di questo ambiente. I giocatori avevano paura.
Ricordo che a Bergamo, nell’incontro decisivo col Venezia, quando, sullo 0-1, l’arbitro ci assegnò un rigore proprio alla fine del primo tempo, nessuno voleva batterlo.
Locatelli, che poi lo tirò (e per sua e nostra fortuna, segnò), fu quasi spinto sul dischetto.
La tifoseria però aveva reagito facendo quadrato e rimanendo tutta vicina al Genoa.
Molti tifosi seguirono la squadra in trasferta. Quelli che non potevano, nei pomeriggi in cui giocava il Genoa, si radunavano in piazza De Ferrari, occupandola tutta e rendendo problematico persino il passaggio degli autobus.

Ecco, ci vorrebbe almeno questo: che i tifosi la smettessero di litigare e pensassero al Genoa.
Ma l’unità della tifoseria è un qualcosa che si deve sentire, deve venire dal profondo dell’anima.
Non si impara leggendo dei libri, e tanto meno può essere imposta con dei discorsi.
C’è uno slogan della gradinata del Genoa che dice: “I Distinti stanno zitti e la Sud vuole imparare, la Tribuna non c’è mai stata, canta solo la Gradinata”.
Queste parole dicono più di tanti discorsi, quale sia lo stato della tifoseria del Genoa oggi.
Non prenderne atto, sarebbe nascondere la testa sotto la sabbia.
La tifoseria di oggi non è quella del 1968 e nemmeno quella del 1970.
Non c’è più un sentire comune. Un sentirsi tutti uguali, tutti genoani.
Il Ferraris non ha più un urlo compatto: quel “Ge-nua! Ge-nua!” che accomunava tutti e spaventava le squadre avversarie.
Non siamo più “vincoli”, come diceva il grande Peppino de Filippo, ma “sparpagliati”.
Chissà se il Genoa sarà capace del miracolo di farci tornare quello che eravamo.

Franco Venturelli

 



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"L'estate del '68" | 3 commenti
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Stai visualizzando i commenti del giorno 28/04/2006


Re: L'estate del '68
di gio63 il 28/04/2006 09.57

io invece di parlare di presidenti giocatori dirigenti dico che ci vorrebbero piu' tifosi come venturelli al posto di ultras e capipopolo vari. non solo nel calcio ma anche nella vita





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