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dalla redazioneIl calcio non può morire di violenza
03/02/2007

 

Si è sempre affermato che il calcio è il gioco più bello del mondo e questa affermazione è stata suffragata da un numero senza fine di partite e da una serie incredibile di episodi di gioco e di tifo.

 

Ma quando il calcio si trasforma in un terreno di violenza può diventare il gioco più brutto del mondo, cui porre fine senza esitazioni.

 

 

 


Quanto è successo ieri a Catania si iscrive nel libro nero del calcio e impone a tutti una seria riflessione.

 

Fermare e fermarsi è già stato ed è un severo monito, ma non basta: è necessario intervenire per restituire al calcio quella dignità che una manica di delinquenti vuole cancellargli.

 

La polizia e i carabinieri delle città sedi delle società di calcio hanno da tempo individuato i facinorosi e i malandrini (ma perché dovremmo continuare a chiamarli ancora tifosi?) che attizzano il fuoco e danno il via a questi autentici atti di guerriglia urbana. Si intervenga una buona volta dappertutto, isolando i violenti e mettendoli in condizione di non nuocere agli altri e al calcio.

 

Del resto, la Gran Bretagna (non a caso, culla del calcio) 20 anni fa ha adottato provvedimenti per eliminare gli hooligans dagli stadi e pare esserci riuscita: non si capisce perché il nostro Paese non possa “copiare” la lezione britannica e si affidi –invece- unicamente a provvedimenti tipo il “decreto Pisanu”, i cui effetti negativi possiamo tutti constatare quando al Little Club Genoa non si può bere un bicchiere di birra o quando l’afflusso al campo viene rallentato fino all’inverosimile dalla presenza di assurdi tornelli.

 

Chiediamo alla Federazione, al CONI e al Governo di intervenire con rapidità e decisione, con l’obiettivo che gli stadi tornino ad essere il luogo dove le famiglie si ritrovano a tifare per la propria squadra nel rispetto degli avversari, destinatari degli abituali sfottò, mai di violenza.

 

“La violenza non abita più qui” dev’essere l’imperativo categorico e l’obiettivo da conseguire.

 

Questo è il tempo per riflettere ed agire, per poi ripartire subito: né per SKY, né per il Totocalcio e il Totogol, né per la RAI o Mediaset, ma per le Società che investono, per gli allenatori e i giocatori che esercitano -senza risparmio di energie- la loro professione, per noi tifosi ricchi solo di autentica passione sportiva!

 

Ecco il vero calcio che amiamo e che –lo ripetiamo- una manica di delinquenti ci ha tolto. Ma solo temporaneamente. Perché il gioco più bello del mondo non può morire di violenza.

 

Ciao Filippo Raciti, anche tu nel “terzo anello” della tua squadra del cuore!

 

mario epifani  

 



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"Il calcio non può morire di violenza" | 2 commenti
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Stai visualizzando i commenti del giorno 04/02/2007


tutto si tiene
di voce-sommessa il 04/02/2007 13.11

Il calcio non è fermo solo per gli ultras, o per gli abbonati, o per chi più o meno profumatamente retribuito ci lavora.

Il calcio è fermo anche per chi non frequenta gli stadi e forse proprio per questo ha con il calcio  un rapporto quasi più rivolto al versante degli affetti, dei ricordi, della favola che accende la fantasia e della vita che va, danzando sull’effimero che illude e che consola.

 

Quasi un anno fa Prodi ne prometteva la bonifica fondata sul rispetto delle regole, sul ritorno alle regole.

Una promessa clamorosamente smentita dopo pochi mesi, inquietante sintomo di un male oscuro non certo di Prodi o della sua coalizione, ma di questa nostra Italia così emotiva e così sfibrata.

 

Il disprezzo delle regole è il comune denominatore di una disfatta dell’etica e della prassi, segnata dai processi senza sanzione e dalle sanzioni senza processo, segnata dall’arroganza degli imputati graziati e dalla mortificazione dei valori più elementari, segnata dall’eclissi del codice penale e dal pianto sulle vittime.

 

La violenza non è nel calcio, ma il calcio senza regole ne è il rifugio più comodo per tutti.

A questa dura realtà si cerca di sfuggire: così la demagogia sta oltrepassando il livello di guardia e la politica non vuol distinguere i ricattatori dai ricattati mentre aizza una opinione pubblica disinformata contro falsi bersagli.

 

Una questione di ordinaria amministrazione per il Ministero degli Interni e per quello della Giustizia diventa occasione per una istrionica accademia di chi ha più da dire avendo meno da offrire alla causa della dignità non del calcio ma, se il nome significa qualcosa, dell’Italia.



Sconforto, quasi rassegnazione
di RABAX il 04/02/2007 11.09

Per ragioni professionali da un po' di tempo torno a fare il tragitto da casa a Via Corsica.

E' un percorso che ho fatto per trent'anni e mi porta a passare sempre, subito dopo la Questura, davanti all'immobile dedicato ai mutilati ed agli invalidi.

La settimana scorsa, casualmente, ha attirato la mia attenzione la scritta in alto su quell'immobile  "La guerra è una lezione della storia che gli uomini non imparano mai abbastanza" che negli anni avevo trascurato.

Leggendola, ed ovviamente non pensavo minimamente al calcio, ne potevo immaginare quello che ci aspettava, l’ho trovata di grand’attualità.

Nel mondo del calcio, purtroppo, non è che le cose vadano molto meglio.

A Genova nessuno potrà mai dimenticare la tragica vicenda Spagnolo, le ricorrenze, i buoni propositi, ma alla fine non cambia nulla, se non in peggio.

Per un certo periodo ho anche cercato do portare avanti, abbastanza solitario per la verità, una certa battaglia per sottolineare, denunciare, non lasciar cadere o peggio dare copertura a tante cose inaccettabili.

Non so quanto sia giusto ed onorevole, ma si viene sopraffatti dallo sconforto, quasi dalla rassegnazione. 

Ora tutti parlano, non tutti a proposito, ma la massima probabilità è che si archivierà e dimenticherà presto anche quest’ennesima tragica vicenda ed il mondo del calcio, non solo quello degli ultras, continuerà ad andare avanti con i buoni, i cattivi, i prepotenti, gli imbecilli, ecc., ecc.

Per quanto andrà avanti è molto più incerto.

Se ci guardiamo dentro credo che un po' tutti abbiamo i nostri scheletri, parlo dei cattivi esempi che si danno facendo sempre più spesso sfoggio d'eccessiva faziosità, che in certuni è a volte davvero becera, le coperture e le giustificazioni che siamo sempre pronti ad offrire a chi sbaglia, soprattutto se indossa i nostri colori, l'ansia di vincere sempre e ad ogni costo, la totale assenza di valori etici e sportivi.

Un possibile tentativo di rinascita del mondo del calcio dovrebbe cominciare a partire dal basso, proprio da questi valori, se volete elementari, ma sarà possibile?

Per una volta mi riesce difficile non essere un po' pessimista.  





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