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dalla redazioneQuando Carapellese si inventò Maradona
13/09/2008

 

Arriva il Milan e dall’archivio delle emozioni escono perle di storia del football.
La squadra rossonera entra di prepotenza nella storia del Genoa già al tempo dei pionieri, interrompendo nel lontano 1901 il dominio rossoblù nel campionato italiano nato pochi anni prima.
Il Genoa aveva vinto i primi tre campionati, ma l’inglese Kilpin, fondatore del Milan e amico di Spensley, al suo arrivo in Italia aveva promesso al suo connazionale che prima o poi lo avrebbe battuto.
E mantenne la promessa.
Il Genoa per la prima volta in campionato venne sconfitto sul leggendario campo di Ponte Carrega.

 


Nei decenni successivi il Milan si ritrovò a dover assistere impotente all’epopea della Pro Vercelli, al ritorno del Genoa di De Pra e De Vecchi, all’ascesa del Bologna che “tremare il mondo fa” e del Torino, e ai trionfi della Juve dei cinque scudetti consecutivi e dell’Inter del grande Meazza; ma all’inizio degli anni ’50, con l’arrivo di Gren, Nordhal e Liedholm, il
formidabile trio svedese passato alla storia come il trio “Gre-No-Li”, ritornerà di prepotenza sulla scena per non uscirne più. Vincerà molti campionati e molte Coppe dei Campioni, fino a diventare una delle squadre più famose e titolate del mondo.

Degli incontri tra Genoa e Milan conservo molti ricordi, tra i quali uno che mi è particolarmente caro, legato al campionato 1955-56, che il Genoa concluse senza subire sconfitte tra le mura domestiche.
Era una domenica di inizio novembre, e il Milan era sceso in campo al Ferraris con lo scudetto di campione d’Italia sul petto.
Il Genoa di quei tempi era squadra modesta ma battagliera, scarsamente dotata in fase difensiva, ma forte di un attacco che aveva alle ali lo scattante Frizzi, capace di coprire tutta la fascia da un’area all’altra, e dotato di un gran tiro in diagonale, ma bravo anche nel cross da fondocampo, e il funambolico Carapellese, dai trascorsi nobili in Torino, Juve, Milan e Nazionale, bravo nel cross e preciso nel tiro a rete, ma soprattutto re della “serpentina”, una sua invenzione grazie alla quale riusciva a dribblare più avversari consecutivamente.
Mezze ali il giovane e promettente Pistrin e l’ormai anziano Gren, ex di lusso. Centravanti, nella circostanza, il brasiliano Di Pietro arrivato in estate creando grandi aspettative che non avrebbe purtroppo mantenuto.

Il Genoa andò fulmineamente in vantaggio all’inizio della partita con un gol di Pistrin e chiuse il primo tempo sull’1 a 0.
Nel secondo tempo, nonostante il Milan, sotto la regia del fuoriclasse uruguagio Schiaffino (che aveva preso il posto del mitico Gren, detto “il professore” per l’ascendente che aveva su compagni e avversari) tentasse di raddrizzare la partita, il Genoa raddoppiò con lo specialista Frizzi su rigore a venti minuti circa dalla fine.
Sembrava fatta, ma la giovane ala sinistra rossonera Valli insaccò il 2 a 1 dieci minuti dopo, riaprendo la partita.
Doccia fredda per i genoani sugli spalti, che comunque reagirono con un gran tifo a sostegno dei grifoni in campo.
Per il Genoa era dura. Il Milan, forte del titolo di campione d’Italia, stava facendo valere i diritti della classe.
Ma ci pensò il vecchio campione e capitano Carapellese, con un’azione strepitosa, a chiudere il discorso definitivamente.
Ricevette un pallone lato tribuna, all’altezza della metà campo e partì immediatamente in “serpentina” puntando la porta avversaria che si trovava sotto la Nord.
Davanti agli occhi sbalorditi dei tifosi che accompagnavano quella discesa travolgente con un tifo sempre più assordante, superò tutti gli avversari che trovò sulla sua strada, entrò in area, dribblò anche il portiere in uscita ed entrò in porta col pallone sotto una Nord in delirio.
Mentre il Ferraris trasudava un entusiasmo incontenibile, il portiere del Genoa Gandolfi partì di corsa dalla sua porta sotto la sud e come un centometrista impazzito divorò il campo per piombare su Carapellese e travolgerlo con un abbraccio, strappandolo ai festeggiamenti dei
compagni.
Mai vista in tanti anni di calcio una scena simile!

Trent’anni dopo, ai Mondiali messicani, contro l’Inghilterra, Maradona farà un gol simile, che diventerà leggenda per essere stato visto, grazie alla tv, in tutto il mondo.
Capitan Carappa ebbe solo i tifosi genoani come testimoni della sua prodezza, ma chi c’era, quando trent’anni dopo ha visto in tv il gol di Maradona, non ha potuto fare a meno di commentare: ”Lo avevo già visto fare da Carapellese”.

Franco Venturelli

 

 




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"Quando Carapellese si inventò Maradona " | 2 commenti
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Milan a Genova, ancora una volta ...
di vieux_marcheur il 13/09/2008 16.05

In una grande folla di appassionati, è bello pensare come le diverse esperienze e ricordi si fondono alla fine in un sentimento unico.

 

Io non assistetti a quella meraviglia di Carapellese. Oh, sì!, le sue “serpentine” restano qualcosa di unico nel mio ricordo: una serie di cambi di direzione, col pallone al piede, in controtempo, che dopo ghirigori perfino falsamente leziosi aprivano la strada alla fuga verso la porta. Caro Carapellese! Ancora mi rammarico per una certa lite con lui ... ma vado fuori tema.

 

No, quella partita non la vidi, ero a fare il servizio militare a quel tempo.

 

Ma prima e dopo, una partita Genoa-Milan mi ha lasciato ricordi imperituri – e non è retorica.

 

Nell’anno 1948 o ‘49, vado a memoria, veh!, non sottilizzate sui particolari!, il Genoa ricevette un Milan che era primo in classifica alla pari col Torino: un Milan che secondo la sua antica tradizione aveva due ali velocissime. All’inizio del secondo tempo, sullo 0-0, la loro ala destra supera la difesa e fugge, il nostro portiere esce e viene scavalcato. Il pallone sta entrando in  porta a fil di traversa. Becattini rincorre a tutta velocità, salta verso la porta facendo doppietta e respinge la palla arrivando col piede proprio sotto la traversa. Cade rovinosamente in fondo alla rete, ci resta piantato  e ci vuole un po’ per cavarnelo fuori, ma la porta è salva e lui respira ancora – anzi, cosa dico, corre come prima. Vi dico che una cosa così non l’ho mai vista: forse unico paragone possibile De Vecchi, che mai conobbi.

 

Nel finale di gara, dopo lunghi attacchi, Verdeal segna l’1-0 su uno dei suoi rarissimi calci di punizione, con un tiro da sinistra a doppio effetto (a scendere e a rientrare) nell’angolo alto lontano.

 

Il Torino contemporaneamente vinceva a Bergamo e nell’”edizione Carlin” il  Tuttosport presentava la vignetta del Toro salito sul treno col titolo: “Addio, mia bella addio, il Torino se ne va”, mentre il Diavolo restava sul marciapiede. 

      

Due così straordinari atti sportivi, nella medesima partita, la rendono preziosa al ricordo.

 

La seconda partita che cito è del gioiello del gol di Aguilera: quello che tra tutti  i suoi gol m’ha dato più gioia per la perfezione della manovra.

 

Era il Milan di Sacchi che veniva per la prima volta a Genova. L’occhio acuto di Scoglio non poteva, pensavo io, non aver messo a nudo il punto debole di quel gioco superorganizzato (tutti i modi hanno un debole). Io mi ero fatto un’idea, ed ecco che vedo quella mia idea portata nella realtà concreta e ne esulto anche perché è la dimostrazione di un teorema, o Grande Scoglio!

 

Ecco Eranio partire da arretrato, servito nello spazio con geometria  progettata, e attraversare in velocità, in rincorsa della palla, quella linea difensiva che comprimeva  spietatamente gli avversari con la minaccia del fuori gioco. La difesa è saltata, Eranio va sul fondo, centra corto. D’Urban allunga all’indietro di testa dove arriva Aguilera. Ragazzi, l’ha presa al volo, in piena corsa, proprio col collo del piede – che cannonata! Che gusto! La gioia di quell’1-0 contro il celebrato  Milan, noi al primo campionato di serie A dopo tanti anni, è moltiplicata dalla perfezione tecnica e dalla dimostrazione tattica.

 

La partita finì 1-1 per un gol nel finale di Rejkard che non si  può dire se frutto di una sbucciata casuale del pallone o di un colpo d’arte intenzionale: pallone in mischia  nell’angolo basso. Così Sacchi si salvò appena da Scoglio.

 

Domani i protagonosto saranno ancora tutti diversi – è la legge dello sport e della vita.

 

 



Caro Abbadie...
di bucaniererossoblu il 13/09/2008 13.10

Sempre bello leggere i tuoi racconti... sei tornato in Brasile ma ti vogliamo al più presto a Genova...





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