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dalla redazioneÈ sempre più il calcio dei soliti noti. L'unica sorpresa è il Genoa
30/01/2009

 

Riporto qui sotto quanto Giuseppe Ceretti scrive oggi su " Il Sole 24 Ore". 

 

A parte i complimenti a Gasperini (che giro ai suoi critici tenaci in attività su internet e nei bar) il nocciolo è anche qui il destino di un calcio che sembra condannato a sottostare ad un club di vertice esclusivo la cui supremazia non può essere scalfita neppure da chi gioca meglio come oggi questo Genoa, che però non ha né una panchina di fuoriclasse lunga abbastanza né la magari involontaria ma certo utile protezione arbitrale.

 

m. p.

 

 


Campionato riaperto, campionato chiuso; anzi, riaperto. Per fortuna il calcio si incarica di mettere a soqquadro le nostre certezze. Noi che seduti sulle nostre poltrone mettiamo la squadra in campo meglio di Ancelotti e in quanto ad arbitri siamo i migliori sulla piazza.
Il turno infrasettimanale si è concluso nel modo meno prevedibile, dopo che le infallibili tabelle dei quotidiani sportivi ci avevano spiegato che l'Inter era in calo di forma e con i nervi tesi. È successo invece che i nerazzurri hanno giocato un'ora in dieci contro il Catania vincendo nettamente, mentre la Juve cadeva sul campo della rediviva Udinese e il Milan si faceva raggiungere all'ultimo istante dal Genoa. Si è così gridato alla sorpresa e allo scudetto già cucito sulle maglie nerazzurre. Salvo, va da sé, inneggiare alla Grande Rimonta, a un eventuale intoppo futuro della prima della classe.

Sorpresa? Meglio intendersi. Siamo al gioco delle tre carte: Inter, Milan, Juve e Roma di rincalzo a contendersi il titolo. E così sia per i secoli futuri. L'illusione di una quinta forza sta svanendo di fronte alla potenza sempre più debordante degli organici, allo strapotere economico, alle infinite possibilità che i grandi club hanno di fare fronte ai mille imprevisti e agli infortuni. Al dunque il campionato è un girone a quattro (la Roma in ritardo sta per rientrare nel gruppo). Tutto dipenderà dallo stato di forma delle big negli scontri diretti e c'è ragione di credere che così sarà anche per i campionati a venire. Per la gioia dei tifosi delle solite note, che rappresentano una metà abbondante della passione calcistica italiana.

Anzi, lo stato di forma pare suggerire al momento una partita a due: Inter e Milan, con un'eccellente Juve mezzo gradino sotto, ma che non ha più le disponibilità economiche del passato e con la bella Roma di Spalletti che invano ha cercato l'impresa in questi anni e ora, per restare nel girone degli eletti, dovrà trovare qualcuno disposto ad affiancare la signora Sensi nel rifinanziamento della società giallorossa.

Quando si parla di sorpresa occorre quindi limitarsi a occasionali sconfitte o pareggi delle grandi e a eventuali inserimenti di outsider - è il caso del Genoa quest'anno - nella lotta per un posto Uefa. I tempi degli scudetti di Verona, Cagliari, Napoli e Lazio appartengono alla preistoria calcistica, quando i rapporti di forza economici erano 1 a 10-15 e non 1 a 150 come oggi. Chi può permettersi una combinazione Kaka, Ronaldinho, Seedorf, Beckam e Pato? Oppure: Ibrahimovic, Stankovic, Cambiasso, Zanetti, Maicon? Con quanto prendono Kakà in un anno, anche in versione figliol prodigo, o Ibrahimovic da mister petrolio, si pagano gli ingaggi di un paio di intere squadre di B o di una medio-bassa di A.

Così qualche risultato imprevisto può realizzarsi, ma tutto ciò rientra in una normale eccezione alla regola. Al contrario, quasi sempre accade che le compagini pure in buona vena arrivino al dunque con le grandi e parta la stecca: è capitato al Napoli e alla Fiorentina e pare lezioso chiedersi quando mai matureranno. I limiti stanno nel livello tecnico dei giocatori che ciascuna squadra può permettersi e che alla fine fanno la logica differenza.

Intendiamoci, la regola dei più ricchi che vincono sempre non vale solo per l'Italia. La Spagna è di fatto una partita a due (Real e Barcellona); in Inghilterra è un torneo a tre (Manchester, Liverpool, Chelsea); in Francia la decennale tirannia del Lione è solo disturbata quest'anno da Bordeaux e Marsiglia, mentre in Germania è da tempo dominio Bayern, con il momentaneo fuori programma della matricola Hoffenheim. Non c'è sentore che la situazione possa mutare. Per l'Italia ci vorrebbero regole finanziarie più rigide, tetti salariali vincolanti per tutti per tentare di mutare solo un poco il corso degli eventi. In attesa, s'intende, che qualche sultano sbuchi dal nulla e si dica pronto a comprare la nostra squadra del cuore e a portarla in Champions.

Complimenti al vecchio Genoa
L'unica, autentica sorpresa di questa stagione è di sicuro il Genoa. Il più antico dei nostri club ha costruito una squadra che si trova a memoria, sfruttando ogni zona del campo, con un gioco veloce che ha il suo perno in un fuoriclasse ,Milito, spinto al suo straordinario rendimento da tanti ottimi giocatori che hanno dimostrato di saper supplire anche alle assenze forzate del Principe argentino. Certo anche allo splendido Genoa per pareggiare a San Siro occorre che due fantastiche punizioni di Pirlo colpiscano la traversa, che Kakà imbrocchi la partita di luna storta, che Seedorf (fatto meno insolito) si limiti a passeggiare in campo. E tuttavia gli ultimi trenta minuti giocati mercoledì dai rossoblù al Meazza sono un omaggio al calcio inteso come gioco collettivo. Non è un caso allora che il glorioso grifone sia l'unica squadra a essere uscita indenne dal doppio scontro a Milano con Inter e Milan.Tanto di cappello, mister Gasperini.

Giuseppe Ceretti

 



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