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dalla redazioneI ragazzi del ‘38
14/09/2009

 

I “ragazzi del ’38” sono quelli allenati da Mr. Garbutt, il mitico allenatore dei tempi d’oro, e portati in rossoblù da Culiolo, l’ultimo grande presidente del Genoa prima che avesse inizio il lungo addio a quella posizione di prestigio che la nostra squadra aveva fino ad allora occupato con pieno merito nel calcio italiano.

Questi “ragazzi” si giocheranno lo scudetto fino alla sospensione dovuta alla guerra, e non lo vinceranno solo perché la sorte li priverà in tempi diversi dei due cardini della squadra, il centromediano metodista Battistoni il migliore d’Italia e il centravanti Bertoni, un fuoriclasse da tutti considerato l’erede del mitico Meazza.

 


 


Anche nella Coppa dell’Europa Centrale la fortuna voltò le spalle al Genoa privandolo di Bertoni nelle partite che potevano essere decisive, come quella di andata con lo Slavia, giocata il 24 luglio 1938 e della quale mi appresto a raccontare una breve cronaca liberamente ricostruita sulla base delle notizie apprese dalle riviste d’epoca che possiedo.

La Coppa, la cui prima edizione venne giocata nel 1928, era stata ideata dal leggendario Meisl, l’allenatore che aveva creato il mitico “Wunderteam” austriaco, ed era riservata in un primo tempo alle squadre dell’Europa centrale. Quella “mitteleuropa” cioè che oltre ad avere il predominio culturale dell’epoca -.la Secessione viennese è del 1897- sapeva esprimere anche nel calcio il meglio del continente.
Un calcio, passato alla storia come “calcio danubiano”, molto tecnico e molto pensato, che il critico inglese Ivan Scarpe aveva denominato “calcio da scacchi”, e che era espressione di quella cultura. Che è stata l’ultima grande cultura espressa dalla vecchia Europa.
Il Genoa aveva cominciato a partecipare già dall’edizione del 1930.
A tanto risale infatti la frequentazione europea del Genoa, anche se oggi menti distratte o poco informate presentano l’evento come se per i rossoblù si trattasse di un fatto eccezionale, più unico che raro.
Eccezionale lo sarà per altri ma non per il Genoa che è una delle squadre storiche del calcio italiano ed europeo.
Nella precedente edizione del 1937 il Genoa con una squadra molto forte, si era visto estromesso dalla semifinale nell’incontro del 4 luglio a Vienna, quando la partita contro l’Admira era degenerata in un pestaggio generale.
Il punteggio era sul 2 a 2 e il Genoa doveva giocare l’incontro di ritorno al Ferraris: c’erano tutte le premesse per passare il turno e andare in semifinale.
*
Per questa nuova edizione, i rossoblù tornano alla carica con una squadra inizialmente ancora più forte di quella dell’anno precedente, perché possono contare sul fuoriclasse Bertoni, strappato dal presidente Culiolo alla Juventus.
Purtroppo però Bertoni contro lo Slavia non potrà scendere in campo perché risente dell’infortunio causatogli una settimana prima dal portiere del Rapid Vienna nella partita che ha permesso ai rossoblù di eliminare la squadra austriaca.
Al fischio d’inizio il Genoa parte all’attacco secondo il suo costume e chiude gli avversari nella propria metà campo, esaltando la folla genoana che riempie il Ferraris in ogni ordine di posti.
E’ un assedio che il Genoa porta contando sulle sue armi migliori che sono la grinta, l’estro individuale dei giocatori tutti di gran classe, e una velocità di esecuzione eccezionale voluta da Mr. Garbutt.
Lo Slavia resite per mezz’ora, poi capitola sull’ennesimo calcio d’angolo (il Genoa ne batterà ben 13 contro 1). 
Cattaneo calcia dalla bandierina e l’uruguagio Figliola avanzato dalle retrovie incorna dal limite dell’area e infila la porta nell’angolo alla destra del portiere con una fucilata delle sue.
Gol stupendo anche per la plasticità dell’intervento, che finirà sulla copertina della rivista “Il Calcio Illustrato” a tiratura nazionale.
Esplode il Ferraris e sullo slancio il Genoa raddoppia cinque minuti dopo. 
L’estroso Arcari III ruba un pallone a fondo campo, salta l’avversario e centra prontamente. Morselli sui dodici metri è un fulmine, anticipa tutti e al volo scaraventa in rete.
Gol d’antologia e lo stadio viene giù dagli applausi.
Ma lo Slavia è una grande squadra e colpita nell’orgoglio reagisce immediatamente.
Il fuoriclasse Bican fa il vuoto e centra per Horac che fulmina Agostini con un bolide a mezz’altezza che si insacca tra palo e portiere.
Sul 2 a 1 per il Genoa si va al riposo.
Il secondo tempo inizia con un certo equilibrio, finché al 13’ il solito Bican si libera per il tiro e calcia con grande forza. Agostini respinge come può, riprende Vytlacil e insacca il 2 a 2.
Tutto da rifare.
E qui vengono fuori le doti di grinta e combattività, patrimonio del Genoa da sempre, che spingono la squadra rossoblù a reagire con grande temperamento, riprendere il possesso del pallone e non lasciarlo più, fino a quando l’inafferrabile Arcari III esegue un perfetto cross che Morselli –ancora lui- gira in rete con un preciso colpo di testa.
L’urlo di liberazione dei tifosi rossoblù sale fino al Righi.
Il Genoa è di nuovo padrone del campo e lo Slavia non riesce più a rendersi pericoloso.
I rossoblù dilagano e vanno di nuovo il gol con Cattaneo direttamente dal calcio d’angolo con un diabolico tiro a effetto di destro.
E Figliola trova il modo di esibirsi ancora una volta nel suo pezzo forte con un magistrale colpo di testa salvato sulla linea da Kopecky a portiere battuto.
Finisce in gloria, tra gli applausi di una tifoseria enorme per numero ed entusiasta nello spirito.
*
Ma con Bertoni in campo lo scarto di reti avrebbe potuto essere ben maggiore e permettere così al Genoa di andare a Praga con mezza qualificazione già in tasca.
Invece nell’incontro di ritorno le due reti di vantaggio risulteranno insufficienti ai fini della qualificazione, perché il Genoa sarà costretto a giocare in dieci dopo soli 20’ a causa di un grave infortunio a Bertoni (gamba rotta), e poi addirittura in nove negli ultimi 20’ per l’espulsione di Morselli.
Ne approfitterà Bican, un fuoriclasse assoluto e goleador implacabile del quale ingiustamente nessuno parla mai quando si rievocano i grandi del passato, per trafiggere per ben quattro volte un Genoa privato del suo fuoriclasse e menomato nel numero.
Le quattro reti di Bicam non furono un caso, perché il fuoriclasse dello Slavia era abituato a queste imprese leggendarie che lo avrebbero portato ad essere il più grande goleador della storia del calcio europeo in partite ufficiali.
Ma questa è un’altra storia.
Il Genoa di oggi forse non è ancora al livello di quello del 1938 che fece sentire ai genoani il profumo della lotta per lo scudetto per l’ultima volta, ma è comunque un gran bel Genoa.
E lo Slavia non ha più un Bicam capace tirarlo fuori dalle situazioni difficili.
Spero che il 4 a 2 di 71 anni fa sia di buon auspicio per il prossimo incontro.
E spero vivamente anche che qualcuno, tra i dirigenti del Genoa, con parole adatte ricordi ai “ragazzi del 2009” e al loro valido allenatore, che il Genoa ha un conto in sospeso con questa antica e gloriosa squadra, degna rappresentante del leggendario calcio danubiano del tempo che fu.
Un conto che forse è venuto il momento di saldare.
E il resto mancia.

Franco Venturelli

Genoa - Slavia : 4-2
Genova, 24 luglio 1938.
Formazioni
Genoa
: Agostini, Genta, Borelli, Villa, Bigogno, Figliola, Arcari III, Perazzolo, Morselli, Scarabello, Cattaneo.
Slavia: Boksai, Cerny, Daucik, Pruka, Nozir, Kopecky, Horak, Simunek, Bradac, Bican, Vytlacil.
Reti: Figliola (G) 30’, Morselli (G) 35’, Horac (S) 37’, Vytlacil (S) 58’, Morselli (G) 68’, Cattaneo (G).



 



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"I ragazzi del ‘38" | 6 commenti
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Stai visualizzando i commenti del giorno 17/09/2009


Franci
di Abbadie56 il 17/09/2009 18.44

sai che ti dico?
Che queste cronache -ne ho lette tante anche io- mi esaltano e provo una grande nostalgia per il calcio di quei tempi, quando i giocatori si pestavano per il risultato, come facevamo noi ragazzi di quartiere di tanti anni fa che pittosto che perdere una partita finva a botte Salvo poi vederci tutti insieme alla sera per andare al cine di quartiere.
Non era cattiveria, ma puro agonismo.

In questo comportamento leggo tanta passione per il calcio e tanto amor proprio.

Oggi ho l'impressione che i falli siani programmati, così come sono programmati i pestaggi tra tifoserie.

Che tristezza!

.Per questo motivo non sono mai riuscito ad amare la Grande Olanda, l'ultima squadra di giganti del calcio, come ho amato il Brasile di Pelè e la Grande Ungheria.

L'Olanda era una squadra di fenomeno del calcio, ma dava l'idea di giocare un calcio programmato.
Altra cosa l'inventiva e la straordinaria creatività di Puskas, Pelè & Co.

Si, ho sempre creduto alla versione che dice che il Genoa sia stato escluso per favorire la Lazio. Tutti in Italia sapevano che quel Genoa era molto più forte della Lazio, anche il duce....

Circa Pelè ho sempre avuto l'imporessione che in Italia si siano sottovalutate le sue qualità fisiche. Era un atleta perfetto. Una macchina per giocare al calcio. Se anche non avesse avuto le doti tecniche che aveva, sarebbe emerso comunque per il suo fisico perfetto.
Queste cose le ho lette da studiosi in materia, oltre che averle viste in tv.
Poi ovviamente ognuno ha i propri gusti e le proprie preferenze.

Io esalto Pelè perchè credo che oggettivamente sia stato il migliore di tutti, ma ho avuto "amori" anche più intensi.... Puskas per esempio. E Angelillo, un giocatore che al Ferraris mi aveva stregato. Per non parlare di Schiaffino, il Fred Astaire dei campi di calcio come lo avevano chiamato in Europa quando lo hanno visto ai Mondiali del '54.

abraços

 



Ancora Mitropa
di Franci il 17/09/2009 12.27

cogliendo l'occasione che mi si fornisce nel mentre rispondo ad ABBADIE.

Anche io, come probabilmente sai, mi sono procurato libri e riviste dell'epoca. Non mi stupisce perciò constatare che al Genoa venisse dato maggior risalto rispetto a Juve, Inter ecc. quando i giornali sportivi dell'epoca risuonavano spesso di titoli: "La Juve non riesce a fermare la corsa del Genoa" oppure "L'Inter impone il pari ai rossoblù".

Nessuna intenzione di sminuire il valore di Pelè ma solo evidenziare come vi siano autentici campioni del passato le cui gesta sono praticamente ignorate dai più.

Che il calcio sia un gioco agonistico è fuor di dubbio, ma mi pare altrettanto indubbio che in passato si andasse un po' meno per il sottile: "gamba o pallone". O, stando a quel che raccontano dei suggerimenti di Rocco a Scagnellato e compagni "Colpire tutto quello che si muove a pelo d'erba. Se x'è el balon, meglio...". Che al giorno d'oggi saltino soprattutto i legamenti di ginocchia e caviglie, di cui all'epoca si conoscono minori casi rispetto agli assai più frequenti referti di fratture, può essere indicativo di un certo modo di esercitare l'agonismo.

A questo proposito, trascrivo un articolo tratto da libro di cui dicevo ieri, relativo ad una partita di Coppa Europa tra Genoa ed Admira Wien passata alla storia per gli incidenti. Fidando sul fatto che qui, piuttosto che altrove, questi frammenti di Storia del Genoa paiono apprezzati e tenuti nella doverosa considerazione.

"Quante botte quel giorno a Vienna!"   

Nel 1937 Arrigo Morselli ritornò da Vienna con i segni (coperti da un fazzoletto nero) della furibonda "guerra" scoppiata al Prater alla fine dell'incontro di Coppa Europa Centrale fra rossoblù e viennesi dell'Admira, incontro conclusosi in pareggio 2-2 dopo che l'arbitro Ivancsics, ungherese, aveva concesso ai giocatori austriaci, con somma compiacenza, un calcio di rigore nel finale della gara. In quella stagione il Genova aveva conquistato il diritto a entrare nel giro europeo per aver vinto la Coppa Italia. Dopo aver eliminato nel primo turno il Gradjanski, 3-1 a Marassi e addirittura 3-0 a Zagabria, il Genova trovò sul suo cammino la poderosa compagine dell'Admira. Il 5 luglio a Vienna, il Genova ingaggiò un gioco serrato con i fortissimi austriaci e dopo aver chiuso sullo 0-0 la prima parte della contesa, subì in apertura di ripresa un gol da parte di Schilling, ma reagì prontamente assumendo l'iniziativa del gioco e dettando persino una certa superiorità stilistica (come ancora anni dopo riconfermavano Bacigalupo e Scarabello), ribaltando il risultato con reti di Marchionneschi e Servetti, un tecnico centravanti uruguaiano ai suoi esordi sui terreni europei (che sarà poi protagonista di una famosa fuga con il connazionale Figliola nel settembre dell'anno seguente temendo di essere coinvolto nella guerra di cui già si avevano le prime avvisaglie). L' Admira, inviperita per lo smacco, reagì praticando un gioco molto falloso (anche se bisogna riconoscere che anche i grifoni non scherzarono e giocatori di temperamento come Vignolini, Figliola, Perazzolo e Morselli restituirono colpo su colpo). Il più scorretto tra gli austriaci fu il terzino Schall e anche il nazionale Urbanek che stese Scarabello con un colpo da autentico pugile. L'arbitro, favorevole alla massima del "laissez faire, laissez passer", a 9' dalla fine decretò un rigore in favore dei padroni di casa che Schall realizzò mentre in campo scoccavano le prime guerriglie, con l'arbitro che non trovò nulla di meglio che espellere il capitano rossoblù Agosteo. Alla fine accadde di tutto: Scarabello evitò (come ebbe a raccontare il segretario Mario Tosi) un sifone lanciato da un individuo in agguato dietro il palo di una porta. Figliola e Vignolini si difesero mettendo KO alcuni spettatori entrati in campo ma, soverchiati dal numero, finirono a terra anche loro ma a fare le spese più gravi fu Morselli, preso più volte a cazzotti al punto da riportare la tripla frattura della mascella con spostamento del sistema dentario e dovette essere ricoverato all'ospedale di Vienna prima di rientrare a Genova. Questi i danni in una Vienna quanto mai anacronistica rispetto alle note di una canzone allora in voga "...o dolce Vienna tu, caro ricordo di gioventù...". Ma dopo i danni anche la beffa atroce, sia da parte della Federazione italiana che del Comitato di Coppa. Il ritorno, che avrebbe dovuto disputarsi al Ferraris la domenica seguente, venne annullato con una motivazione che suscitò rabbia e ilarità nel contempo: nel timore di incidenti e constatata la scorrettezza delle squadre, Genova ed Admira furono entrambe eliminate a tavolino. Vi fu chi vide nella decisione un favore alla Lazio (nota pupilla del regime) che venne così a trovarsi automaticamente in finale. A fare giustizia ci pensò il Ferencvaros di Gyorgy Sarosi che surclassò tecnicamente la Lazio di Piola sia a Budapest che a Roma.

Gyorgy Sarosi, futuro allenatore del Genoa a metà anni '50: uno dei primi a dare corpo, seppur inconsciamente, alla teoria per cui chi tocca il Genoa, la paga. Prima o poi, in un modo o nell'altro.





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