Domenica sera, in televisione, commentavano l’azione del rigore concesso al Bari, in seguito all’uscita bassa di Castellazzi sull’attaccante avversario, passata al microscopio della moviola.

La voce dell’ex arbitro Tombolini ci ammanniva la seguente verità: se il portiere tocca la palla non è niente; se non tocca la palla è rigore.

Il messaggio mandato in pasto agli sportivi italiani corrisponde al quanto gli arbitri dei giorni nostri ritengono di dover applicare.

Non viene più affatto considerato il testo del regolamento, che, a proposito dei falli di sgambetto e del far cadere gli avversari, precisa che il calcio di punizione, o di rigore, è accordato se “un calciatore commette l’infrazione in un modo considerato dall’arbitro negligente, imprudente o con vigoria sproporzionata”.

Suona strana una giustizia che punisce con un calcio di rigore un portiere che cerca correttamente di prendere il pallone ma viene leggermente anticipato.  

Dunque l’imprudenza del portiere adesso viene giudicata in dipendenza dell’abilità dell’avversario?  Uscire su un Ronaldinho è imprudente, uscire su .... (ditene voi uno scarso) è prudente?

E’ diventato difficile, il ruolo del portiere; la sua naturale virtù, il saper calcolare la traiettoria del pallone, non è più bastante.

Se guardiamo bene, questo è un fatto generale, che investe un po’ tutti i giuocatori, in questo giuoco nuovo che è diventato il calcio da quando è caduto il criterio cardine della volontarietà allo scopo di disarmare le violenze richiamate dagli interessi intorno ai risultati.

Il regolamento di giuoco continua a modificarsi, ad inturgidirsi, a cercare nuove definizioni e sbocchi e così si allontana dalla stesura semplice dei concetti e dalla conoscenza comune.

il grifo