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dalla redazioneTre Punte o Tre Punti?
12/11/2009

 

Io non amo parlare di moduli, amo parlare di gioco.
Il modulo è qualcosa di statico e monotono, mi ricorda l'Italia del catenaccio sempre uguale a se stessa con partite di una noia tremenda.
Il gioco invece è qualcosa che presenta situazioni in campo che cambiano in continuazione, è dinamico, mai uguale a se stesso. Nulla è irripetibile come una partita di calcio, e in questo per me si trova il fascino di questo gioco.
Non a caso il detto: ogni partita fa storia a sé, è vecchio come il calcio.


 


Il Genoa fa 0 a 0 a Palermo e si parla di difesa ritrovata, poi prende due gol in due minuti dal Siena e si ricomincia con la difesa che non va.
E nessuno che tenga conto che si tratta di due partite diverse!
Tra l'altro il giocatore più criticato di questa difesa, Bocchetti, viene chiamato in nazionale.
Misteri gloriosi. Viene accusato di sbagliare tanti passaggi. Ma tanti passaggi li sbagliava anche lo scorso anno quando tutti lo esaltavano.
E anche questo è un mistero.
Palladino, che era uscito dal giro della nazionale e anche da quello della Juve, arrivato al Genoa dove, secondo la critica cittadina non poteva mostrare le sue capacità a causa del cosiddetto "modulo dell'allenatore", viene però chiamato in nazionale.
Vuol dire che Lippi queste capacità le ha viste, o no?
E vuole anche dire che il Palladino di oggi, dopo le "costrizioni" dovute al famoso "modulo dell'allenatore", è molto migliore del Paladino che nessuno voleva più, prima che arrivasse nel Genoa. Dove tra l'altro, molti lo accolsero come uno scarto della Juve e un pallino dell'allenatore.
Palladino oggi è un giocatore completo che lega benissimo con i compagni, prima era un giocatore molto bravo tecnicamente che in campo però risultava un corpo estraneo alla squadra. E forse è anche per questo che la Juve non aveva creduto in lui.
*
Una cosa alla quale io do importanza è la differenza reti, che per me è indicativa del buon equilibrio di squadra. Dove per buon equilibrio non intendo né difesa forte, né attacco forte, ma la capacità dei giocatori di stare in campo senza lasciare zone libere a disposizione degli avversari.
Questa capacità non dipende necessariamente dalla classe dei giocatori, ma dalla loro intelligenza tattica, che comunque in senso lato è anche questa classe. Ma è una classe non individuale, bensì legata al collettivo, per questo forse molti non la considerano, o addirittura la ignorano. Vedi Juric e Sculli i primi anni di Genoa.
Fare tanti gol, o subirne pochi è, di per sé, poco significativo. Il Bari ha subito meno gol dell'Inter ma l'Inter è prima in classifica.
Il Genoa di oggi, dal punto di vista della differenza reti non è certo ben messo.
E' anche comprensibile visti i tanti infortuni subiti e la necessità di trovare soluzioni di emergenza.
Ma al di fuori di casi particolari come quello del Genoa in questi primi mesi, di solito i gol fatti o quelli subiti dipendono dalla filosofia di gioco che determina l'equilibrio della squadra in campo.
Ricordo il Genoa di Santos. Aveva una difesa che subiva poco, ma la squadra era impostata sul gioco difensivo e tutti remavano in questa direzione.
Quel Genoa fece il record di imbattibilità del portiere, ma fece anche cinque partite consecutive senza segnare un gol.
I genoani si erano dimenticati cosa volesse dire provare l’emozione di un gol.
Il Genoa di Neri, Gabardo, Bertoni, Scartabello e Conti, invece, in cinque partite consecutive fece qualcosa come 18 gol. Ma ne subì 16.
Aveva provato a giocare col "Sistema" importato dall'Inghilterra, che prevedeva tre attaccanti e tutta la squadra a supportarli. Il gioco era spettacoloso, ma le bastonate subite consigliarono Mr. Garbutt e Barbieri a cambiare strada.
*
Il Sistema era apparso da subito un modo di giocare che costava troppi gol subiti perché i tre attaccanti erano tre giocatori tolti all'equilibrio della squadra in campo.
Questo modo di giocare, che non è un modulo ma una filosofia di gioco, come lo era il "Metodo", era stato inventato da Mr. Chapman per rimediare allo strapotere dei centravanti che segnavano a raffica (Dean dell'Everton fece più di 70 gol in un campionato), dopo la modifica della regola del fuorigioco che portava da 3 a 2 i giocatori necessari per essere considerati in gioco (anno 1925, ma gli scozzesi la chiedevano da inizio '900).
Mr. Chapman inventò lo stopper togliendo al centromediano i compiti di costruzione gioco -che hanno invece mantenuto in Sudamerica, dove il Sistema non venne accettato (e il Genoa oggi cerca di fare la stessa cosa)- per dedicarlo alla marcatura a uomo che prima non esisteva, del centravanti.
Poi spostò sulle fasce laterali i due marcatori centrali della terza linea (i così detti terzini), e spostò i due mediani laterali che giocavano larghi, alla Branco, verso il centrocampo per dare origine con le due mezzali al famoso quadrilatero.
Il quadrilatero era il fulcro della squadra e doveva sopperire con una grandissima propensione alla corsa, ad occupare gli spazi lasciati liberi dai tre attaccanti.
Se il quadrilatero non funzionava era un disastro perché nel vuoto lasciato dai tre attaccanti gli avversari costruivano le loro vittorie.
Per questo motivo il "Sistema" durò ben poco. Il Genoa, il primo a praticarlo in Italia, lo abbandonò subito dopo l'ubriacatura di reti subite.
Vittorio Pozzo lo volle provare in Nazionale, convocò sette giocatori del Genoa, che era ovviamente la squadra più esperta nel praticare il Sistema in Italia, beccò 5 reti (a 2) dalla Germania e non volle più sentir parlare di "Sistema" e di tre attaccanti.
Solo il Grande Torino riuscì a praticarlo e vinse per tutti gli anni '40.
Il segreto? E' quello di Pulcinella. Aveva un quadrilatero favoloso, in particolare Mazzola aveva una capacità di corsa da far paura, e copriva tutti gli spazi in prima persona, attaccava e difendeva,. era un giocatore ovunque. Tecnicamente non era il più buono del Torino.
Castigliano, per esempio, che faceva lanci di 40 metri ma a pelo d'erba (chi li ha più visti?), mica alti che son capaci (quasi) tutti a farli, era più buono. Ma Mazzola era l'anima di quel Torino.
*
Scomparso il Grande Torino in Italia è scomparso anche il Sistema.
Brera del resto lo aveva sempre detto: giocare con tre attaccanti è roba da inglesi, ci vuole il fisico e il freddo che hanno da quelle parti per correre così tanto.
Brera aveva un modo tutto suo di dire le cose, e io in gioventù non lo amavo, ero appassionato del calcio inglese e suadamericano, calcio d'attacco e spettacolare e i suoi discorsi non mi piacevano. Poi ho capito che di calcio ne sapeva tanto davvero. Non a caso era un tifoso del calcio uruguagio, che più di chiunque altro aveva trovato un perfetto equilibrio nell'occupare gli spazi in campo.
Grazie a questo equilibrio di squadra l'Uruguay nel 1950 ha vinto il Mondiale, battendo un Brasile mostruosamente forte in casa sua al Maracanà.
Non so se tutti abbiano l'idea di cosa voglia dire giocare davanti a 180 mila tifosi che avevano già preparato i festeggiamenti per la vittoria del Mondiale e capaci di un tifo infernale, andare sotto di un gol, non farsi travolgere e alla lunga ribaltare il risultato.
L'Uruguay ha fatto tutto questo, realizzando quella che è forse la più grande impresa della storia del calcio, e l'ha fatto grazie all'enorme senso tattico dei suoi giocatori che sapevano occupare il campo da gioco come nessun altro.
*
In Svizzera già negli anni '30 avevano capito che il Sistema lasciava troppi spazi agli avversari e l'allenatore Rappan col Servette mise a punto un accorgimento chiamato "Verrou", letteralmente "chiavistello" perché uno dei difensori, in fase di possesso palla degli avversari, doveva fare un movimento tipo quello del chiavistello e passare dietro agli altri.
L'Italia, sempre pronta a copiare e a esasperare i comportamenti, lo copiò immediatamente, lo esasperò portandolo al limite della sopportazione umana (e anche oltre, per me) e lo chiamò "catenaccio".
Col catenaccio le tre punte vennero seppellite per sempre.
Il catenaccio ebbe una prima fase che vide protagonista la Salernitana di Viani negli anni '40, ma giunse alla fama con l'Inter di Foni che vinse due campionati consecutivi, nella prima metà dei '50, con una difesa imperforabile.
Il segreto stava nel fare arretrare l'ala destra Armano (un bisnonno di Sculli) a fare il terzino tutte le volte che gli avversari entravano in possesso palla, e il terzino passava dietro a tutti i difensori per chiudere i "buchi" (oggi si usa dire in modo più colto fare "le diagonali") . L'Inter fece scuola e di lì a poco tutti si adeguarono, anche la
Nazionale. Chi non ricorda Domenghini (altro antenato di Sculli)?
Personalmente ho sempre detestato il "catenaccio" italico perché non era un'idea di gioco, ma di "non gioco". Si proponeva solo di impedire agli avversari di giocare, salvo colpire di sorpresa quando capitava l'occasione. Ma la squadra non faceva nulla per costruire l'occasione, sfruttava solo gli errori degli avversari. Calcio parassitario, come venne giustamente definito.
All'estero il gioco dell'Italia era criticato da tutti. Ai Mondiali in Messico '70 la stampa internazionale chiamò quello dell'Italia "Calcio codardo" per sottolineare una certa vigliaccheria insita nel non far giocare gli altri per poi colpirli a tradimento.
*
Che Genoa vorrei oggi?
Facile per me rispondere: un Genoa che giochi al calcio. Detto questo mi va bene sia nella versione difensiva coma a Palermo che in quella offensiva come con il Siena.
L'importante è che si difenda giocando e che attacchi giocando. Perché il gioco è la vera ricchezza di una squadra.
Se il Genoa non avesse un allenatore che crede nel gioco, nei primi mesi di questa stagione, tra gli impegni ogni tre giorni e gli infortuni, sarebbe finito davvero male.
Non mancano gli esempi. Lo scorso anno una squadra con un buon organico come il Napoli si è trovata tagliata fuori in campionato, pur non avendo subito la catena di infortuni che ha subito il Genoa.
Il Genoa invece finora è in corsa. E c'è grazie al fatto che ha un gioco, capace di dare convinzione ai giocatori nei momenti difficili.
Avere un gioco è come aver studiato in vista di un esame importante.
L'esame fa paura, ma la consapevolezza di aver studiato fa vincere la paura.
Stessa cosa quando il Genoa si trova in difficoltà. Le difficoltà fanno paura, ma la consapevolezza di avere un gioco fa vincere la paura e superare le difficoltà.
L'importante poi, come sempre, è avere una certa coerenza.
Se si vuole un Genoa d'attacco è ovvio che con la squadra impostata a sostenere gli attaccanti ci si espone di più al gioco degli avversari e si possono subire dei gol.
Nel primo tempo col Siena potevamo subire un paio. L'ho vista in tv e ho tremato di fronte ad alcuni tiri dei senesi finiti per fortuna fuori dai pali col portiere tagliato fuori. Ma potevano finire dentro e allora i difensori sarebbero forse finiti ingiustamente sotto processo.
Trovo poco corretto, in questo momento, esaltare certi giocatori e criticarne altri, vuol dire non avere il senso di squadra.
Io credo invece che si debba esaltare tutta la squadra che in questo inizio di stagione ha fatto molto bene. Con grande spirito di sacrificio tutti hanno onorato la maglia, dimostrando di essere una squadra.
Il gioco è più importante dei singoli giocatori e del "modulo dell'allenatore". A dire il vero il "modulo dell'allenatore" mi richiama più il cinema che il calcio. Mi fa venire in mente "il ventre dell'architetto", un film degli anni '80 di Peter Greenaway.
Non dimentico che l'obiettivo è andare in campo per fare il risultato e non per fare cinema.
Il "modulo dell'allenatore" è un film già visto tante volte nei decenni bui del vecchio Grifone, e non mi sembra il caso di riproporlo in tempi felici come questi.
Senz'ombra di dubbio, alle tre punte io preferisco i tre punti.
E il resto mancia.

Franco Venturelli

 



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"Tre Punte o Tre Punti?" | 6 commenti
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Caro Franci
di RABAX il 18/11/2009 12.55

Le mie considerazioni, espresse non a caso con tutte le riserve possibili, più che ai moduli e/o agli schemi, si riferivano alla maggiore e/o minore fisicità richiesta dal calcio moderno, cosa che ora mi pare sia sempre più esigenza di particolare momento.

Accetto, comunque, di buon grado i Tuoi rilievi e non posso non ammirare  la Tua memoria, che io non ho, perchè, in effetti, Brera aveva proprio le idee che Tu ci ricordi. 

Scusa se mi permetto, ma non condivido altrettanto quel minimo di vittimismo che un po’ traspare quando lamenti atteggiamenti di “mobbing” verso chi esprime idee non allineate e coperte.

Per quello che mi riguarda non mi pare cadere in peccato di “mobbing” semplicemente per non condividere, dirlo e/o scriverlo.

Per quello che mi riguarda credo, anzi, di aver spesso apprezzato e di continuare ad apprezzare i Tuoi interventi perchè, oltre che ben esposti e documentati, li trovo autentici e genuini, frutto di passione e di amore per il calcio e per la nostra squadra e senza quell'eccesso di supponenza che trovo, talvolta, altrove, dove albergano i famosi "sapientoni, le cui contraddizioni, ogni tanto provo, ad evidenziare.

Anche perchè i cosiddetti “sapientoni” non di rado fanno pensare a personaggi più innamorati del proprio io, dei propri punti di vista, a volte anche di una forte “smangiagione” di polemizzare, più che non del tifo per la propria squadra, caratteristica questa (d’essere veri tifosi rossoblu) che certo non manca loro, ma che lo vivono, a mio modestissimo avviso, in modo abbastanza poco condivisibile.

Spero continuerai a dire la Tua (è più intrigante ed arricchisce confrontarsi con chi la pensa diversamente…).

Spero anche crederei che non mi è mai passato per la testa di confonderti con quelli di cui un po’ più sopra.

Forza Genoa. 



x RABAX
di Franci il 18/11/2009 09.36

solo una precisazione, perchè ormai - parlo in senso generale e non con riferimento specifico a quanto da te scritto - ne ho davvero a sufficienza di leggere e sentire che chiunque esprima un'opinione finisce con l'essere bollato con espressioni sarcastiche, tipo "tecnici daTorbella", "ultras da tastiera", e via dicendo con tutta quella serie di frasi ad effetto che conoscete meglio di me visto che raramente io le adopero con riferimento ad altri. Noto, peraltro, che dette espressioni vengono adoperate a profusione solo nei riguardi di chi esprime, nelle proprie considerazioni, anche appunti o critiche, mentre chi invece scrive solo per lodare ed applaudire è esente. Il lasciapassare è fornito dall'espressione "io non sono un tecnico e mi fido di chi ha frequentato il corso di Coverciano...e i risultati ecc. ecc. ecc.".

Zeman e Galeone hanno fatto vedere il calcio più spettacolare degli ultimi 25 anni in Italia ma non hanno avuto risultati. Perchè penso che nessuno si prenderà la briga di dire che una promozione dalla B alla A sia un risultato. Perlomeno nel senso che si è soliti attribuire all'espressione. Anche perchè, a quel punto, sarebbe d'obbligo un atto di contrizione accompagnato da sentite scuse nei riguardi di Nedo Sonetti, la cui professionalità e competenza ho sentito schernire in modo anche ineducato ed irrispettoso mai altrove come su questo sito. E la cosa è tanto più sorprendente se si pone caso al fatto  che se c'è un seguace del credo calcistico "breriano", del famoso calcio all'italiana, è proprio il tecnico di Piombino.

Comunque, è già buona cosa aver finalmente letto chiaramente espresso senza ulteriori mascherature il concetto base, e cioè che contano solo i risultati. Spero mi si vorrà dare atto di aver sempre sostenuto che. con Gasperini, di cui pure sono considerato un "anti", ho visto vincere molto - in tre anni praticamente più di quanto abbia visto nei precedenti 52 - e spesso accompagnando i tre punti col bel gioco. Assai raramente, invece, con le tre punte effettive.

Ma vengo alla precisazione: sostieni che Brera era un antesignano, avrebbe  prediletto un calcio "all'inglese" ecc. Per quel che ricordo - e credo di ricordare bene - Brera fu addirittura il vate del "calcio all'italiana", quello del tutti in difesa e poi via in contropiede a colpire. In virtù, appunto, della pretesa congenita inferiorità fisica degli italiani che non potevano reggere il confronto atletico e sul piano del ritmo con gli avversari. Insomma, la teorizzazione di quel "calcio cobarde" di cui abbiamo letto. Altro che calcio all'inglese...

E sono tanto sicuro di ricordare bene, che mi azzardo persino a datare il momento storico (calcisticamente parlando) in cui si consumò definitivamente la presa di posizione anti-Rivera da parte di Brera: fu all'indomani di uno dei più squallidi 0-0 che io ricordi, maturato a Varsavia contro la Polonia in una gara di qualificazione per i mondiali inglesi. Dopo quello strazio, Rivera rilasciò delle dichiarazioni in cui lamentava come lo scopo unico di quella partita, e del calcio italiano in genere, fosse appunto il gioco speculativo al massimo. Non per niente, erano gli anni in cui imperava il credo herreriano, messo cinicamente in pratica dall'Inter. Infatti la polemica innescata da Rivera si traformò quasi in uno scontro personale con Picchi, che di quel calcio era l'inteprete più accreditato. Per la cronaca, eravamo andati a Varsavia a difendere lo 0-0 iniziale, senza neppure provare a giocare o proporre uno straccio di azione, contro una squadra che, al ritorno, venne sepolta sotto un eloquente (della sua reale temibilità) 6-1! Lezione effimera di effetti, visto che pochi giorni dopo andammo a Glasgow impostando la partita sul consolidato canovaccio che ci costrinse a patire davanti al bianconero del televisore per 88' minuti continui di assedio scozzese sino al momento in cui, appunto a 2 dalla fine, un terzinaccio che mai in vita sua, neppure in allenamento, aveva potuto sbizzarrirsi tanto a fare l'attaccante, quasi obbligato a ciò dall'assoluta assenza di preoccupazioni difensive indotte dall'avversario, bucò la maginot azzurra con un tiro da lontano. Una squadra che per tutta la partita ci ubriacò non di whisky ma di cross e palloni lanciati nell'area-fortino e che al ritorno - more solito - finì sotto il tavolo a causa di 3 gotti di "barbera". Tanto erano forti...

Questo solo per l'esattezza. Con i saluti - e tanto di riverenza - al gioco e non ai moduli. E in ossequio al risultato. Che conta, eccome...Perchè, da quel che intuisco, se Gasperini non ottenesse i risultati che ottiene, forse forse le critiche al suo "modulo" sarebbero meno criticate. Il che mi suggerisce un intrigante dubbio: che c'entri, magari, anche la qualità dei giocatori di cui si può disporre? Credo che la risposta più comvincente ce la potrebbe dare proprio lui. Che di quel "Pescara dei miracoli"  faceva parte. Chi vuole, con una non difficile ricerca su internet, può andarsi a vedere la formazione tipo che Galeone schierava.





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