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dalla redazioneBoyé, nel ricordo comune ormai a pochi
09/01/2010

 

Te felice, Grondona, che apristi la tua frequentazione al Ferraris con una delle più memorabili segnature mai ammirate. Io anche c’ero, e il ricordo mi è vivo, io che guardandomi attorno pochi vedo il cui ricordo si congiunga al mio.

 

Sì, il calcolo dei 40 metri di tiro lo considero giusto e forse scarso.

 

 


Boyé si trovava occasionalmente sulla sinistra, sotto la tribuna, a un metro o due dalla linea laterale, e direi circa a metà tra la linea del centrocampo e quella di porta; o poco oltre; di sicuro, comunque, ben all’interno del campo rispetto all’area di rigore. Interrogato, il vecchio Pitagora, fatta una triangolazione come sa far lui, ha subito confermato quella distanza.

 

Ma la distanza ancor poco vale, rispetto al modo.

 

Fu Alarçón a porgergli la palla: con l’interno del piede alzò al di sopra dell’avversario che lo fronteggiava un breve pallone molle, brodoso, che ricadeva morto. Boyé lo colpì al volo, di destro, come con il disotto della punta. Fu una successione di attimi. Il  primo istante: la sorpresa del tiro subitaneo e fortissimo. Il secondo istante:  l’impressione che la palla sarebbe finita in alto nella gradinata nord, contro i cartelloni che sovrastavano. Il terzo istante: la percezione di una deviazione angolare secca della traiettoria e della palla che piombava dall’alto in porta a fil di traversa. Tre istanti che nel loro insieme formarono soltanto un attimo.

 

Non ho mai più veduto una cosa del genere; soltanto una volta, ne ho riconosciuto  una lontana somiglianza in un tiro di D’Isanto finito fuori.

 

Aggiungerò ancora un commento sul rigore sbagliato da Boyé nel derby: una formidabile cannonata al centro della porta, praticamente contro il portiere, che era Bonetti, come mi sembra, il quale oppose  i pugni sì che la palla rimbalzò direttamente fuori dal campo, sotto la tribuna. Boyé, che subito era andato a complimentarsi, disse poi che in Argentina i portieri non si azzardavano a parare quei tiri! E infatti il secondo rigore, proprio in quella partita del 6-2, ebbe un destino diverso: lo segnò con una saetta nell’angolo basso che nessun portiere, argentino o no, avrebbe mai parato.

La potenza e la prontezza di tiro, combinate, di Boyé furono qualcosa di unico.

 

Vittorio Riccadonna



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