Internazionale-Genoa 3-2                                   

La partita di Coppa Italia, che secondo le previsioni doveva segnare la fine della corsa del Genoa in Coppa Italia, è sembrata un recipiente di contraddizioni.

Nelle nostra memoria suonano ancora le vecchie parole di passati dirigenti: “La Coppa Italia non è nei nostri obiettivi”.

Oggi non si dice più. Si dice “Onoreremo la Coppa Italia: è doveroso, ecc.”, aggiungendo poi che ci sono gli altri impegni.

Questo Genoa si presenta anche per necessità con una formazione d’attacco a dir poco sperimentale.

La Coppa Italia non si chiama più così, ha acquistato in nome commerciale.

In compenso, prima della partita c’è il suono dell’inno nazionale: scorrono alla TV le facce di stranieri della maggioranza dei giocatori “locali”.

Il Genoa è impostato bene in maniera confortante e tiene bene il campo. Peccato che prenda il primo gol da Etoo che si insinua tra Criscito e Moretti e li sorprende, tra l’entusiasmo dei commentatori TV.

Già nel primo tempo il casalingo arbitro Pierpaoli da Firenze trascura l’occasione di imprimere una svolta alla partita astenendosi dal cogliere qualche falletto in area di rigore Inter. Nel secondo tempo nega una doverosissima espulsione di Ranocchia la quale, sul 2-1, avrebbe potuto avere un peso pericoloso per i campioni. Un arbitraggio tra l’accortezza e l’inadeguatezza.

Ballardini aveva in mano la risorsa per reagire e le sostituzioni della ripresa hanno molto migliorato il sistema di gioco genoano.

Il Genoa, dalla parte degli antichi cristiani nel Colosseo, vittime designate, che gli era stata misurata, si svincola e sa rendere la partita quasi incerta.

Resta l’impressione di un avvenimento imperfetto, come di una partita che avrebbe potuto dire altre cose che sono rimaste inespresse.

Sui giocatori nuovi, visti in TV strumento inadeguato rimandiamo i giudizi.

Vittorio Riccadonna