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dalla redazioneFine della sospensione
30/08/2011

  

Caduta la questione di commodo della supertassa, resta quella dei fuorirosa.

 

La prima era uno stratagemma della Lega, senza sostanza propria, che riguardava solo le società, indovinate quali e perché, che avevano organizzato contratti con compensi patteggiati al netto delle tasse, stratagemma messo in campo in anticipo sui tempi, organizzato con un duplice scopo di influenzare le masse.

 

 


Primo: attirare addosso ai giocatori la falsa rampogna degli sportivi: “con quello che guadagnano non vogliono pagare le tasse”.

 

Secondo possibile obiettivo, distogliere l’attenzione dalla invisa “manovra” finanziaria orchestrata dal governo, attraverso la fermata del campionato deciso  dalla Lega.

 

E’ quello sui fuorirosa il vero argomento di scontro.

 

Per afferrare il problema occorre fare un passo indietro, a qualche mese fa, quando la Lega propose e sostenne una norma, sotto l’aspetto legale, assurda. Cioè, che un giocatore che avesse sottoscritto un contratto, mettiamo, di 3 o 4 anni, e dopo 1 anno o 2 non servisse più alla società, potesse essere trasferito di autorità ad un’altra società con cui quella di appartenenza si fosse messa direttamente d’accordo, senza che il giuocatore si potesse opporre. Si sa invece che ogni forma di prestazione calcistica prevede consenso e firma del giuocatore: questo da sempre, ed è la cosa più naturale.

 

Su questo ebbi già a scrivere un commento. Ma quale il significato?

 

I giuocatori, da parte delle maggiori società, sono ormai visti come merce, nel senso che sono soggetti a scambi a scopo economico. Alcune società hanno sotto contratto un numero abnorme di giuocatori, in rapporto alle necessità tecniche. Esse hanno bisogno di poterli commercializzare. Ma per poterli trasferire una all’altra, occorre l’adesione del giuocatore

 

Quella norma sostenuta mesi fa dalla Lega, che era profittevole per le società, particolarmente per le maggiori, ma non giusta eticamente, la Lega ha dovuto rimangiarsela, perché evidentemente illegale.

 

Ecco dunque l’importanza della battaglia dei fuorirosa.

 

Ogni giuocatore, firmato un contratto, si aspetta di far parte del gruppo dei giuocatori della squadra, anche se non può pretendere di essere preferito ad altri compagni nello schieramento. Defenestrarlo e relegarlo in un ambiente depresso, diventa un mezzo di pressione per convincerlo ad accettare un trasferimento non desiderato o non patteggiato. Si tratta, sotto un certo senso, del trasporto della norma dell’obbligatorietà ad una forma di accettazione legale, sì, ma moralmente squallida.

 

Caduto il primo paletto, ora troveranno un qualche compromesso e si ripartirà. Da zero? No, da un gradino sotto.

 

 

 

Vittorio Riccadonna

 



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