Al principino incuriosito, il Gran Visir cerca di spiegare cos’è il derby, ma deve informarsi anch’egli.
Si avvicina dunque egli a un passante dall’aspetto austero, vestito da inglese, elegante, e gli rivolge gentilmente la domanda. Il passante è proprio un inglese. Sa descrivere il field, le squadre (teams) di undici (eleven) giocatori (players), e tutto il resto. C’è una palla (ball) e la porta (goal). (Il Gran Visir è poliglotta e comprende benissimo). Alla fine, la squadra che ha fatto passare più volte (more times) la palla attraverso la porta ha vinto il derby, of course, naturalmente. Oh, yes.
E allora cosa succede?, domanda il Gran Visir, che conosce abbastanza bene il meccanismo del giuoco ma non le segrete conseguenze organiche.
Ma prende tre punti, of course.
Cosa se ne fa? Sono preziosi? sono d’oro?
Ma no, sono punti ideali. In realtà non esistono, sono soltanto immaginari. Sono punti uguali a tutti gli altri, do you understand? Come fossero buoni pasto, oh yes. Quando alla fine una squadra ne ha di più si trova avanti in classifica.
Grazie tante. Thank you. Good by.
Il Gran Visir ha capito. Quando ritorna, “cos’è dunque il derby?”, gli domanda il principino.
Risponde: Una partita come tutte le altre.
Vittorio Riccadonna
ma ora vi devo lasciare, scusatemi, ho un impegno.
