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dalla redazioneI bilanci delle società di calcio
28/02/2015

Con l'attualità del caso Parma, ma non solo, quello dei bilanci delle società calcistiche sta diventando sempre più un tema di grande attualità ed importanza.

Qualcuno ne ha tratto l'argomento per una tesi di laurea.

Manenti cacciato dalla città

(nella foto Manenti minacciato dai tifosi infuriati del Parma)

 


Ho trovato molto interessante la premessa che a quella tesi è stata fatta del professore che ha presentato lo studente e che riporto di seguito.

Non pochi piccoli azionisti del Genoa che a questi temi hanno dedicato impegno, tempo, magari anche passione, ritroveranno molte delle argomentazioni proposte e dibattute nelle Assemblee societarie di tutti questi anni.

Buona lettura.

"Gli aspetti economici della gestione di una società di calcio hanno a lungo goduto di attenzione solo marginale.

Quando non erano del tutto disattesi, venivano considerati subordinati al risultato sportivo e/o secondari rispetto ai benefici indiretti, sociali ed economici creati.

In pratica, si assisteva, fino a non poco tempo addietro, a realtà gestite secondo criteri prevalentemente tecnici, che al più vedevano nell'aspetto economico un vincolo, un insieme di limiti alle scelte da compiere.

In alcuni casi, un simile atteggiamento traeva origine da comportamenti mecenateschi, nei quali prioritario era il risvolto ottenibile dall'investitore, quasi sempre rappresentato da un unico soggetto, in termini di notorietà e di immagine.

In altri, la convenienza dell'investimento calcistico era rappresentata dalla cosiddetta "redditività allargata", cioè dai benefici che ricadevano indirettamente sull'attività specifica del principale azionista.

Il generale deterioramento del contesto economico generale, i maggiori investimenti richiesti dal settore calcistico e l'aggravarsi delle condizioni di squilibrio economicofinanziario di molte squadre hanno contribuito alla definitiva affermazione della consapevolezza che una società di calcio, oltre che ente sportivo, costituisce un'azienda, cioè un'entità economica la cui sopravvivenza dipende dalla capacità di reintegrare autonomamente i costi sostenuti per l'attività con i ricavi conseguiti dalla stessa.

Il passaggio appena descritto investe molteplici aspetti: la crescente attenzione ai costi ed alla razionalizzazione della gestione; l'introduzione di strumenti di programmazione economica oltre che sportiva; il rilievo dato al marketing ed alla ricerca di nuove risorse finanziarie; etc..

Non ultimo il peso via via maggiore assunto dal bilancio.

Da strumento negletto, non di rado considerato un mero adempimento formale, esso diviene mezzo di monitoraggio delle condizioni di equilibrio economico-finanziario e della capacità della società di proseguire la propria attività.

Come tale esso viene assunto, oltre che dagli azionisti, anche dagli organismi federali come elemento di valutazione, neutrale, oggettivo e attendibile.

Da qui la necessità di un suo controllo, al fine di accertare la corretta rappresentazione dei fatti di gestione e della situazione economica."

Concetti, ripeto, totalmente condivisibili, non sempre e non tutti sufficientemente applicati a livello nazionale (per esempio l'aspetto dei controlli federali sembra essersi affievolito, mentre anni fa l'impressione era di una maggiore attenzione e severità).

Si deve dare atto con piacere che la Società Genoa, dopo essersi avvicinata pericolosamente al baratro, pare abbia fatto suoi molti dei virtuosi concetti gestionali prima esposti e, guarda caso, le cose marciano benino anche sul piano dei risultati sportivi.

Una soddisfazione, se possibile, in più per chi non si appassionava e si appassiona solo alle vicende del campo di gioco, ma è rimasto e rimane attento anche a quelle societarie gestionali più a monte, considerate fondamentali anche per le successive ricadute a livello di risultati sportivi.

Giancarlo Rabacchi

 

 



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"I bilanci delle società di calcio" | 1 commento
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Da il Napolista
di RABAX il 01/03/2015 17.40

sul tema: La crisi del calcio.

LA CRISI DEL PALLONE / 

Con le regole di un tempo, la Covisoc non avrebbe accettato l’iscrizione del Parma. Ma nel 2007 Abete e Matarrese le cambiarono

di    - 

Tornando indietro di un decennio, certamente tutti ricordano durante i mesi estivi tra la fine di giugno e l’inizio di luglio l’attesa dei tifosi per la conferma che le proprie squadre fossero regolarmente iscritte ai campionati dalla Serie A fino alla Serie C2, e puntualmente la Co.Vi.So.C. (organo di controllo della Figc) produceva una lista di società non iscritte al campionato per il mancato rispetto di questo o quel parametro di bilancio. Ugualmente familiare risulta ai più la susseguente corsa agli aumenti di capitale, ai finanziamenti o alle fideiussioni da parte delle società, una vera e propria sfida ad ottenere velocemente quella garanzia finanziaria necessaria per fare appello ed ottenere in secondo grado l’iscrizione.

Ci sarebbe da scrivere un libro solo sulle epiche avventure delle fideiussioni nel calcio, da quelle completamente false fatte in casa con computer e fax, a quelle trovate attraverso improbabili broker in paesi dove la trasparenza bancaria era un miraggio. La maggior parte dei club comunque riusciva a produrre quel documento ma inevitabilmente ogni estate più di una società restava esanime sul campo di battaglia, fallita.

Uno dei parametri vincolanti delle norme all’epoca in vigore era il rapporto ricavi/indebitamento, il cui rispetto era indispensabile sia per avere la possibilità di fare mercato durante la stagione sia per l’iscrizione ai campionati. Ben prima che il Fair Play Finanziario diventasse operativo, l’Italia era dotata di un quadro di norme piuttosto accurato per tenere sotto controllo le società sportive, infatti le famose Noif (Norme organizzative interne federali, Titolo VI) prevedevano come condizione necessaria all’iscrizione che il rapporto ricavi/indebitamento fosse di tre a uno.

Per ogni euro di debito contratto, dovevano essercene almeno tre di ricavi. Se veniamo al caso Parma, secondo le ricostruzioni più accreditate al 30 giugno 2014 il Parma ha chiuso il Bilancio con ricavi totali per circa 54 milioni di euro, alla stessa data i debiti accertati ammontavano ad oltre 62 milioni di euro [dati Tifosobilanciato.it]. Dunque all’atto dell’iscrizione il rapporto ricavi/indebitamento del Parma era pari a 0,87 (ben lontano dal valore minimo previsto di 3). Se le regole attuali fossero state quelle precedenti al 2007, il Parma non avrebbe potuto iscriversi alla Serie A 2014/15 e di conseguenza sarebbe finito prima in liquidazione e poi probabilmente fallito durante l’estate, salvo ingenti iniezioni di capitali da parte della proprietà. Oggi avremmo dunque un campionato senza questa tragicomica vicenda dei quattro presidenti in tre mesi e non si sarebbe eventualmente costretti ad escludere la società dal campionato secondo il Regolamento (art.53 Noif) confermando i risultati delle partite già giocate e assegnando la sconfitta a tavolino per quelle ancora da giocare.



Se oggi invece ci si trova a dover affrontare questa spiacevole vicenda è perché nel 2007 le Noif sono state cambiate, di fatto cancellando il vincolo del rapporto ricavi/indebitamento come condizione per l’iscrizione alla Serie A e alla Serie B, restando invariato in Serie C. Il 3 maggio 2007, presentando le novità alla stampa il presidente Abete disse: “È stato stabilito che per la serie A e B viene adottato un nuovo sistema di verifica e controllo fondato su dati economico-finanziari previsionali (budget) e su strumenti continui di monitoraggio. […] Le nuove disposizioni sull'ammissione ai campionati non sono un passo indietro sulla linea del rigore, sono in sintonia con le norme del Coni, con la normativa Uefa sulle licenze e con quanto previsto dallo statuto. Resta immutata anche la sanzione della penalizzazione di punti in classifica per le società non in regola.” Ogni commento è superfluo alla luce di quanto sta accadendo oggi.

La riforma dell’intera sezione delle Noif che riguarda i controlli sulla gestione economico-finanziaria ha di fatto eliminato numerosi vincoli, limitando notevolmente l’azione di controllo e verifica della Co.Vi.So.C. Di certo oggi vediamo che l’Inter ha un indebitamento stimabile in oltre 200 milioni di euro e ricavi per 160, il Milan si stima abbia circa 260 milioni di debiti a fronte di poco più di 250 milioni di ricavi, la Roma ricavi per circa 120 milioni a fronte di oltre 100 milioni di debiti, e così via per molte altre società di A. Non è difficile dunque capire come mai nel 2007 quelle norme furono cambiate su pressione della Lega Calcio presieduta da Matarrese insieme alla Figc guidata prima dal commissario Pancalli e poi dal presidente Abete.

L’espressione più usata in questi giorni sulla stampa è “quando i buoi sono ormai scappati si corre a chiudere la stalla” ed è in effetti così. Le nuove norme varate ieri sui controlli nei cambi di proprietà dei club, insieme a quelle dei mesi scorsi sulla limitazione delle rose e l’adozione del Financial Fair Play, sono sicuramente un passo avanti verso un miglior controllo e stabilità del sistema calcio, ma forse un passo tardivo. Per il Parma è probabilmente ormai troppo tardi.
Andrea Iovene."

Giusto ricordare tutti i protagonisti di quelle vicende :  Abete, Petrucci e Matarrese. Chi, invece, si distinse in allora fu il genovese Victor Uckmar, dal 1993 al 2001 presidente della Covisoc, che ad un certo punto fu fatto fuori, evidentemente un po' troppo serio e severo.

Ora tocchiamo ferro, ma il timore diffuso è che la caduta del Parma possa trascinare con se altre squadre, in particolare quelle interconnesse con i ducali per eventuali operazioni di mercato (a gennaio la società emiliana è stata autorizzata ad operare sul mercato!?!).





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