Mystic River in Valbisagno
Data: 20/06/2005 12.34
Argomento: dalla redazione


Ho visto il film Mystic River di Clint Eastwood molto tempo fa e non ricordo bene né le sequenze, né i dialoghi.

Ricordo bene, però, il senso di fondo del racconto, mirabilmente messo in scena da questo regista sempre più bravo, che riesce ad essere moderno raccontando storie in modo classico, capaci di richiamare il grande cinema americano degli anni ’40 e ’50.

 



Il film inizia con tre bambini che stanno giocando nella strada del loro quartiere. Un’immagine famigliare per chi è cresciuto negli anni ’50, perché anche noi passavamo il tempo libero a giocare sulla strada del quartiere.
Sono bambini di estrazione familiare modesta, i loro genitori non hanno mai conosciuto gli agi  della vita dei ricchi.
Uno di questi bambini, a un certo punto, viene prelevato da tre individui che si spacciano per poliziotti e caricato su una macchina.
Si verrà successivamente a sapere che i tre non erano poliziotti, ma gentaglia, che ha sequestrato il bambino per sottoporlo a violenze sessuali.
Poi la scena cambia e si sposta, nel tempo, a quando i tre sono ormai uomini adulti, ciascuno con la propria vita.
Non hanno lasciato il quartiere, si vedono sempre e sanno tutto di loro, anche se non si frequentano più abitualmente.
Uno di loro fa il poliziotto e si trova ad indagare su un omicidio avvenuto nella cittadina dove abitano i tre amici d’infanzia.
La ragazza assassinata è la figlia di uno dei tre amici.
Per una serie di fatti sui quali non mi soffermo, verrà sospettato dell’ omicidio quello dei tre amici che era stato sequestrato e violentato da bambino, e finirà ucciso, assassinato a sua volta, dall’amico al quale avevano ucciso la figlia.
La scena finale presenta la festa della cittadina, con il corteo, la banda musicale e le majorettes in testa.
L’allegria domina, nell’assoluta indifferenza di tutti per il dramma che si è consumato.
Dagli sguardi che si scambiano i due amici superstiti e  i loro famigliari, si capisce benissimo, infatti , che l’amico assassinato era innocente.
Cosa c’entra tutto questo con il Genoa?
C’entra, al punto che io penso che per girare un ipotetico film sul Genoa, ci vorrebbe proprio un regista come Clint, mirabile cantore dei perdenti, vittime dell’ingiustizia e dell’indifferenza dei potenti.
*
I tre bambini di modesta famiglia, cresciuti sulla strada del quartiere, hanno tentato invano di emergere. Non glielo hanno permesso, il loro destino era segnato, senza scampo.
Mi è venuto in mente questa storia, stupendamente raccontata da Clint, riflettendo oggi sulle vicende del nostro Genoa.
Dal dopoguerra ad oggi stiamo vivendo un’allucinante storia di perdenti che sembra non avere mai fine.
Perdenti nel senso che il cinema americano ha dato a questo termine.
Perdenti, non per demeriti, ma perché rifiutati da un sistema i cui padroni non vogliono intrusi.
Perdenti perché cercano di lottare con le proprie forze, senza cedere a ignobili compromessi e vendersi ai potenti.
Perdenti perché credono nei valori umani e non negli stereotipi sociali, fatti balenare come specchietti per le allodole, dai potenti del sistema sociale.
Il Genoa è tutto questo, e come i perdenti dei film americani, ogni volta che cerca di rialzare la testa, arriva puntualmente qualche manovra sporca dei potenti per ricacciarlo giù.
Ma come quei perdenti dei film americani che non si arrendono mai e lottano per tutta la vita, anche il Genoa ogni volta che viene buttato giù, sa trovare la forza per rimettersi in piedi.
E sono convinto che anche questa volta saprà reagire, lottando contro l’ingiustizia, che ci vede accusati di frode sportiva in un finale di campionato, dove tutte le nostre avversarie hanno vinto giocando partite truccate, sulle quali però nessuno ha ritenuto di indagare.

Franco Venturelli

 







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