Giustizia, non vendetta
Data: 10/07/2006 17.15
Argomento: dalla redazione


 

Calciopoli è alla stretta finale ma già si sente parlare di amnistia per tutti. Gli stessi giornalsti, opinionisti, tuttologi, politici, ecc. che lo scorso anno rimasero muti di fronte alle palesi ingiustizie perpetrate ai danni del Genoa (al di la della sua presunta colpevolezza), da una legge calcistica che avrebbe potuto trovare piena collocazione, giusto in un tribunale speciale hitleriano, …

 



… oggi starnazzano di qua e di là scoprendo le palesi storture di una giustizia privatistica che si base sul principio cardine (ed ignobile) dell’onere della prova a carico dell’accusato e della presunzione di colpevolezza. Della Valle, che impartiva ieri lezioni di stile, bon ton e moralismo, infischiandosene di procedure, diritti e guarantige, oggi chiede tempi giusti per il processo che non deve essere sommario e condizionato da esigenze di calendario (che penserà di questo il dott. Carraro, sguaiatamente esultante alla frettolosa presentazione dei calendari di un campionato, lo scorso, già taroccato in partenza e finito ignominiosamente senza un legittimo vincitore?).

L’unica eccezione che conferma la regola è quella del buon rag. Macalli, implacabile censore e fustigatore dei vizi rossoblu, tanto da chiedere per il Grifone la radiazione…in questi giorni - forse - frate trappista votato al silenzio in qualche eremo alto anatolico.

Insomma, per farla breve, tutti i giacobini di ieri, sul ciglio del patibolo e ad un passo dal sentire la fredda e tagliente lama della ghigliottina, pronta a spedire (metaforicamente s’intende) le di loro presunte poco onorevoli teste nella cesta della serie C o in quella della B con penalizzazione, puntano i piedi e chiedono - ottenendola - la clemenza dei gazzettari e del loro pubblico.

Govi direbbe che dando delle facciate per terra farebbero sanguinare i marciapiedi!

Eppure da sinceri liberali, siamo pronti a dar loro ragione, non certo perché le argomentazioni difensive siano bencheminimamente scevre da vil partigianeria e bieco utilitarismo, quanto perché è sempre il principio a dover contare - per tutti - perfino per i presunti ladri di sogni bianconeri, viola e compagnia cantando.

Nello sforzo di rendere giuste le norme del processo pallonaro, ad oggi espressione barocco levantina di un consesso talmente fuorilegge da poter violare perfino i principi costituzionali e le basi del diritto in nome ed in virtù di meccanismi del tutto privatistici, si inserisce l’attività della Fondazione Genoa che sta organizzando un dibattito di grande spessore, proprio finalizzato alla ricerca di vie credibili per la riforma delle leggi che governano la giustizia sportiva nel nostro Paese. Un obbiettivo che se ieri poteva sembrare donchisciottesco, oggi è maledettamente attuale.

Se dal sacrificio a cui è andato incontro il Genoa lo scorso anno, dovesse scaturire la via giusta verso una riforma che evitasse una volta per tutte di rivivere certi beffardi minuetti (di personaggi togati ed ermellinati nella funzione pubblica ma esclusivamente stipendiati in quella di giudicatori calcistici), ne sarebbe valsa la pena.

No quindi a tribunali speciali proni ai voleri di un palazzo corrotto e dittatoriale ma nemmeno ad inquisizioni torchemadesche in cerca di pene esemplari; sì invece alla certezza del diritto estesa finalmente alla sfera calcistica.

In quest’ottica ben triste sarebbe l’amnistia generalizzata di cui si va ciarlando: un tarallucci e vino che non meriterebbero soprattutto i veri appassionati del gioco più bello del mondo, di cui lunedì potremmo perfino essere i degni rappresentanti sul campo… ma non certamente fuori da esso, se passasse il solito italico condono.

Giuseppe Marzucchi

 







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