Viaggio nella testa di un genoano
Data: 11/10/2006 20.45
Argomento: dalla redazione


 

La testa è la mia, e solo della mia testa parlo e rispondo.
Sono contrario alle generalizzazioni, quindi, quello di cui parlo, non
ci penso nemmeno lontanamente a dire che possa valere anche per la testa di altri.

Parlo della testa e non del cuore, perché in fatto di sentimenti è più facile trovare condivisione con gli altri.
Quanti modi ci sono di tifare Genoa?
Molti, probabilmente. Molti modi, ma un unico sentimento: l'amore per il Genoa.


 



Ma se ci mettiamo a ragionare di Genoa, allora tutto cambia. Ogni testa ragiona a modo suo, e di comune non c'è quasi nulla.
Chi segue il Genoa da vicino, lo sa.
Chi partecipava, per esempio, alle infuocate Assemblee ai tempi di
Fossati presidente ricorda le risse verbali al Teatro dell'Amga,
pieno fino all'inverosimile, E fuori dal Teatro, altri genoani in
attesa di notizie.
E ricorda la spaccatura che c'era stata nella tifoseria, tra
accusatori e difensori di Fossati.
Fu un momento difficile, ci furono anche scazzottate, ma mai allo
stadio, ch'io ricordi.
La storia si ripete, e anche lo scorso anno la tifoseria si è divisa.
E volarono di nuovo botte, tra accusatori e difensori del presidente
Preziosi, questa volta purtroppo anche al Ferraris.
Il sentimento di questi tifosi era lo stesso, ma la testa no.
*
Era da tempo che mi proponevo di capire cosa abbia nella testa io,
quando ragiono di Genoa, perché mica lo so.
In questi giorni mi è ritornato questo pensiero, sullo spunto di un
paio di articoli letti la scorsa settimana sul quotidiano sportivo
"Lance", edito a Rio de Janeiro, nella pagina dedicata al Futebol
Internacional.
Il tema è di quelli forti: la costruzione di nuovi stadi.
Il contenuto, addirittura sconvolgente, già nei titoli:
"Torcida do Boca quer mudança" annuncia il titolo di un articolo sul Boca Juniors, e: "Liverpool perto de construir nova casa" dichiara il titolo di un secondo articolo, dove si parla di calcio inglese.

Nell'articolo sul calcio inglese, si parla anche di Arsenal, che a
luglio, a Londra, ha inaugurato l'Emirate Stadium, nuovo fiammante,
con capacità di 60.000 persone, lasciando il vecchio (e leggendario,
aggiungo io) Highbury, dove potevano stare solo 38.500 tifosi.
Ma questo lo sapevo già. E già allora, la notizia mi aveva fatto
pensare.
Perché, in quanto a importanza, nella storia del calcio mondiale,
l'Arsenal e il leggendario Highbury non temono confronti con nessuno.
E' stato l'Arsenal, con il suo celebre allenatore, Mister Chapman, a
fare forse la più importante rivoluzione nel modo di giocare a
football, ideando, nel 1928, il "Sistema", che nel giro di pochi anni
si diffuse in quasi tutta Europa (non in Sudamerica, dove continuarono
ad allevare difensori capaci di impostare il gioco, invece di
trasformarli in marcatori a uomo, come voleva il Sistema).
Una curiosità, oggi forse incredibile: Mr Chapman, avendo grandi
problemi difensivi (come tutte le squadre, dopo che il fuorigioco, nel
'25, era passato da 3 a 2 giocatori) studiò una soluzione per far
fronte a questi problemi, "insieme" ai suoi giocatori.
Ci saranno allenatori, oggi, che abbiano l'umiltà tipica dei grandi, di
studiare soluzioni tattiche insieme ai giocatori?

Dal Sistema derivò, nel 1930, il "Verrou" svizzero, per merito di un
altro celebre allenatore Rappan, che lo ideò allenando il Servette.
Quando l'Italia, nel '39, con il Genoa fece le prime prove di Sistema,
subito dopo anche il Verrou fece la sua comparsa, col nome di
"Catenaccio", applicato in svariate versioni.
Tra le prime, celebre quella che si rifaceva al: "terzino volante".
Nel Genoa di Sarosi, che si chiudeva a catenaccio solo in fase
difensiva, il terzino volante era Cardoni, che aveva senso tattico e
faceva molto bene le diagonali, al punto che poi se lo prese la Roma.
*
Tornando all'Arsenal e al leggendario Highbury (ricordo un titolo del
Calcio Illustrato, dove si parlava dei "leoni di Highbury" con
riferimento agli azzurri, che avevano perso con onore, rimontando due
reti su tre, in quello stadio che era considerato un tempio del
calcio), ero rimasto senza parole nell'apprendere la notizia della sua
dismissione.
Possibile che nessuno dicesse niente? Specialmente in un paese come
l'Inghilterra, che sappiamo fortemente legato alle tradizioni?
Ma la notizia che riguarda il Liverpool è, per certi versi, ancora più
clamorosa. Scrive il "Lance":
"o Liverpool deu ontem un grande passo para deixar para tras o Anfield Road, de 114 anos de existencia".
Il Liverpool si appresta dunque a lasciare l’Anfield Road dopo 114
anni!!!
E anche in questo caso, nessuno protesta.
Si tratta di una scelta della società, che costruirà una stadio più
capiente (60.000 invece di 45.000) a poche centinaia di metri
dall'Anfield Road.
E questo accade nella terra dei Maestri, che hanno inventato e
insegnato il Football a tutto il mondo. Terra, dove peraltro, nessuno
aveva trovato da ridire nemmeno per l'abbandono di Wembley, noto a
tutti come tempio del calcio mondiale.

Queste notizie non possono non farmi riflettere.
Perché accadono queste cose? E' solo una questione di "business", come vorrebbe l'opinione corrente, o c'è qualcosa che mi sfugge?
Ricordo che in giovane età, leggendo i "Diari" di Baudelaire, ero stato
colpito da una frase del poeta "maledetto", che invitava il lettore a
diffidare dell'evidenza.
Quel "diffidare" mi aveva dato da pensare: forse è vero, l'evidenza, a
volte, inganna.
Perché queste grandi società, che hanno un seguito di tifosi
eccezionale, e che sono conosciute in tutto il mondo, non si
preoccupano di abbandonare stadi leggendari?
Nella mia mente, un po' sbigottita, si rincorrono confusamente idee e
sensazioni, finchè mi appare nitido il volto di De Prà, e di seguito
le sue parole:
"...io lo avevo detto, ai dirigenti del Genoa, già nel 1930: stiamo
attenti che il mondo sta cambiando. Se non cambiamo anche noi, saremo superati dagli eventi, e spariremo dai primi posti della classifica".
Grande lucidità, quella di De Prà: cinque anni dopo queste
dichiarazioni, il Genoa, da squadra che lottava per lo scudetto, si
ritrovò ad essere in serie B.
Ignorare, per testardaggine o per inettitudine, i cambiamenti, può
essere letale.
Il Genoa lo ha già pagato, negli anni '30, sulla sua pelle, con una
retrocessione annunciata nelle parole di De Prà..

Tra l'altro noto una cosa curiosa: che la tendenza, a leggere questi
articoli, è quella di costruire stadi di maggior capienza.
E qui vacilla un'altra considerazione fin troppo basata sull'evidenza
(e quindi da prendere con estrema cautela, perché potrebbe essere
falsa): quella secondo la quale, i "padroni del vapore" vorrebbero
arrivare ad un Football televisivo, con sempre meno tifosi allo stadio.
La costruzione (realizzata o annunciata) di stadi più capienti, come
quelli di Arsenal, Liverpool e Boca, fa a pugni con questa teoria,
forse costruita a tavolino e dettata più da ragioni ideologiche che
reali.
*
Da ultima, la notizia, per me, più incredibile.
Mai avrei preso per buona questa notizia, se non fosse che è pubblicata su un giornale che in Brasile è molto letto dagli appassionati di "futebol", il "Lance", e che ha come fonte, un altro giornale di fama internazionale, il "Clarin":
il Boca sta valutando se abbandonare la leggendaria "La Bombonera".
Finora nulla è deciso, ma da quel che leggo, la strada è ormai
tracciata.
E anche in questo caso, la sorpresa è doppia: i tifosi del Boca,
infatti, nella misura di 2 su 3 -su 18.333 interpellati- è favorevole
al cambiamento!!!
Si tratta, se interpreto bene, di un problema di sopravvivenza.
Sopravvivenza ai livelli del Boca, intendo, cioè nell'Olimpo del
calcio internazionale.

La Bombonera, attualmente, può arrivare a 55.000 persone, ma stipate come ai tempi del Ferraris anni '50/inizio '60, quando mi è capitato di vedere partite senza nemmeno potermi accendere una sigaretta, perché non riuscivo a muovermi. Potevo solo gridare.
Queste cose, com'è noto, la Fifa non le accetta più.
Il cosiddetto progresso, anche nel campo sociale, dà e toglie
contemporaneamente: per una maggior sicurezza materiale, non si esita a sacrificare il valore dei sentimenti, generando perdite affettive che potrebbero causare danni forse non materiali, ma comunque pericolosi.
Per rispettare le regole della Fifa e poter continuare a giocare in campo internazionale, il Boca dovrebbe fare lavori di sicurezza tali da ridurre, di colpo, la capienza de La Bombonera, a soli 30.000 posti.
Questo fatto non può essere accettato, per questioni economiche, dalla dirigenza del leggendario Club, che continua, fra l'altro, a veder
crescere il numero dei propri tifosi.
La soluzione ideale sarebbe quella di allargare lo stadio in modo da
non perdere posti.
Ma La Bombonera si trova incastrata tra case basse, di fine ottocento, credo, primo novecento, molte delle quali offrono all'occhio del passante una architettura vagamente genovese.
Quando ho visto, due anni fa, questo stadio del quale già leggevo e
fantasticavo da adolescente, agli inizi dei '50, e dove aveva giocato
il celebre Boyè, detto "l'atomico", prima di vestire la maglia del
Genoa, mi ha fatto l'impressione di un gigante che sovrasta un popolo
di nani.
Per ingrandirlo, bisognerebbe buttare giù un bel po' di case e
trasferire gli abitanti in altro posto. Ma per fare questo, gli
abitanti hanno chiesto cifre così alte che la spesa non risulterebbe
sostenibile dalla dirigenza del Club.
Non resta dunque che abbandonare La Bombonera e cercare casa in un altro Barrio, perché la Boca è popolata da case fitte fitte, e non c'è spazio per niente.

Il nuovo stadio, su richiesta della dirigenza del Boca dovrebbe avere
un numero di posti superiore a quello attuale: tra i 60 e i 70.000
Dunque anche in questo caso, nessuno teme la concorrenza del calcio
televisivo.
Da parte mia faccio una considerazione: quando nel 1954 ho visto per la prima volta il calcio in tv, la voglia di andare allo stadio mi è aumentata, non diminuita. E la stessa cosa era capitata a tutti i miei amici.
Andavamo persino a vedere gli allenamenti durante la settimana, che a quei tempi si facevano al Ferraris.
E' tutto da dimostrare che la tv tolga spettatori agli stadi. Si dice
la stessa cosa anche del cinema, ma nessuno dice che il livello
qualitativo dei film, negli ultimi decenni, è peggiorato. Io vado
molto meno al cinema, ma la tv non c'entra, c'entrano i brutti film.
Bisognerebbe, prima o poi, avere il coraggio di prendere in esame, per
il calo degli spettatori negli stadi italiani, altre cause, forse meno
evidenti, o meno malleabili.
E non solo quella, nota, della violenza, ma anche e soprattutto,
secondo il mio modesto parere, quella del gioco, che in Italia è
terribilmente noioso, e quella -che tutti cercano di nascondere- della
irregolarità dei campionati, che sono pilotati. (forse le due cose
sono correlate: una partita pilotata, non può che essere noiosa).
E' invece probabile, se non certo, che la tv aumenti l'area degli
spettatori di football, e questo potrebbe avere come conseguenza,
l'opposto di quello che certi temono: e cioè, che una parte degli
spettatori che vede per la prima volta in calcio in tv, sia
invogliata ad andare successivamente allo stadio. Col che, la tv,
farebbe addirittura del bene al football.
E' solo un'ipotesi, ma verosimile. A volte capita che tutti temono una
cosa, e invece capita esattamente l’opposto. Ricordo una frase degli
anni '70, che diceva:
"centinaia di libri stanno spiegando perché è accaduto il '68, ma non
c'è stato un solo libro, prima, che lo avesse previsto".
Mai fidarsi delle previsioni, dunque, non sempre si avverano.

Per i tifosi del Boca, dunque, il problema sembrerebbe non lasciare
altre soluzioni che queste due: restare ne La Bombonera, con un Boca
ridimensionato e a rischio di uscire dal giro internazionale, oppure
abbandonare La Bombonera.
Trattandosi di una questione estrema, la dirigenza del Boca ha deciso
una grande consultazione popolare, che coinvolga tifosi e
simpatizzanti, per decidere se e dove spostare La Bombonera.
Consultazione che dovrebbe concludersi entro un anno circa.
Mi ha colpito una cosa: che la dirigenza del Boca si rivolga a tutti,
persino ai simpatizzanti.
Questa forma di rispetto verso tutti quelli che pagano il biglietto,
mostrata dalla dirigenza del Boca, mi fa capire che è anche da queste
cose che si intuisce la grandezza di un Club.
Anche, e soprattutto, i simpatizzanti devono essere presi in
considerazione, perché pensando al futuro, un domani, da spettatori
saltuari potrebbero diventare tifosi abituali.
C'è sempre da imparare, da chi è migliore.
*
Arsenal, Liverpool, Boca: tre squadre leggendarie, tre tifoserie ai
primi posti in campo internazionale. Perché decidono di lasciare tre
stadi celebri in tutto il mondo?
Ovvio che, nel leggere queste notizie, abbia pensato al Ferraris.
Cosa c'è nella mia testa di genoano, che si oppone così decisamente al cambiamento?
Fedeltà alla tradizione? Bisogno di valori? Attaccamento al passato in
mancanza del presente? Sentimentalismo deteriore, fine a se stesso?
Che altro?
Forse che gli inglesi non sono fedeli alla tradizione? E i tifosi del
Boca, non considerano forse un valore La Bombonera?
Credo che ci sia dell'altro.
Deve esserci dell'altro, perché queste tre società e queste tre
tifoserie, non farebbero quello che stanno facendo se non ci fossero
dei motivi importanti. Probabilmente di sopravvivenza.

Non ho la risposta, ma queste notizie e questo "viaggio" nella mente,
mi ha chiarito alcune cose.
La prima, anche se ovvia, è che è fondamentale guardare sempre quello che accade nel mondo e cercare di capirci qualcosa.
Chiudersi nelle proprie idee e nelle proprie certezze è la strada certa
per sparire.
Non ci vedo niente di eroico nell'accettare la sconfitta, pur di non
cambiare. Galileo, nell'intento di sopravvivere, è arrivato a negare
le proprie idee.
Credo che sia un buon esempio da tenere presente.
Perché così facendo, in realtà ha permesso alle proprie idee di
continuare a vivere e svilupparsi, sia pure di nascosto.

La seconda cosa è questa. Mi sono fatto uno schema mentale, dove da una parte ho messo tutti i miei "santini": il Ferraris, la "maglia", il mito della Nord, ecc. Dall'altra ho messo gli 11 giocatori che scendono in campo sotto il nome di "Genoa Cricket and Football Club".
Il mio desiderio sarebbe quello di poter continuare ad andare a vedere
questi 11 giocatori alla Nord, con un Ferraris colmo di spettatori e
una squadra che indossa una maglia senza sponsor.
Ma se tutto questo significasse, per il Genoa, non poter più tornare a
giocare ad alto livello -parlo di calcio internazionale, non solo di
serie A- perché vittima di usi e costumi fuori del tempo in cui stiamo
vivendo, allora questa volta, credo, che non potrei limitarmi ad una
semplice presa di posizione aprioristica, ma dovrei decidermi ad
affrontare questa drammatica domanda:
"meglio continuare a fare campionati anonimi pur di stare al Ferraris,
come in questi ultimi 60 anni, oppure avere una squadra protagonista a livello internazionale, come lo sono il Boca, il Liverpool e l'Arsenal, in un altro stadio?"

Conta più lo stadio, o la squadra?
Sono tifoso di uno stadio, o di una squadra?
Gioca lo stadio, o gioca la squadra?
In un altro stadio, non sarebbe più il Genoa?
E' più importante, per me, lo stadio o il Genoa?
Quante domande alle quali, prima di leggere questi articoli dei
quali ho parlato, non avevo mai pensato.
Domande alle quali bisognerebbe dare delle risposte ragionate e non
rispondere con degli slogan.

Con questo discorso degli stadi, per esempio, non saremo, per caso, in un'altra di quelle svolte epocali, alle quali alludeva De Prà nel 1930, invitando i dirigenti del Genoa a non stare fermi, ma a muoversi, per non essere tagliati fuori?
Perché una cosa è certa: che noi ci muoviamo o no, la realtà comunque si muove.
Anche in casa nostra.
Forse nessuno, per quello che mi risulta, ci ha fatto caso, ma domenica 8 ottobre è finita una delle leggende rossoblù alle quali personalmente ero più legato: quella del tifo genoano tramandato di padre in figlio, che durava da 113 anni, e legava il Genoa agli
affetti familiari.
Quanti tifosi ho conosciuto che mi dicevano: sono genoano perché lo era mio padre, che mi portava allo stadio fin da piccolo.

La nascita della scuola del tifo per i bambini, ha segnato, nello
stesso tempo, la fine di questa antica leggenda rossoblù.
Eppure nessuno ha avuto nulla in contrario. Anzi, ho letto innumerevoli
attestati di stima e di entusiasmo.
Le reazioni sarebbero state molto diverse, credo, se il governo, per
esempio, avesse fatto una legge, in base alla quale, i bambini
potessero andare allo stadio, solo in un recinto ben preciso, e
accompagnati da educatori.
Per l'installazione dei seggiolini, cosa molto più normale, visto che è
stata praticata da tutti, ricordo che c'era stata un sollevazione di
massa.

Questo mette in evidenza l'enorme differenza che c'è tra il fare una
cosa perché costretti da altri, e il fare "la stessa cosa" per propria
scelta, indipendentemente dai contenuti della cosa in sé.
La Società Genoa, di propria iniziativa, cosa pensa di fare?
Perché se non fa niente, rischia di dover subire le scelte di altri.
Mentre noi stiamo fermi, infatti, gli altri si muovono comunque, e i
cambiamenti conseguenti ricadranno anche su di noi.

Franco Venturelli


 







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