''Grazie Capitano'' di Nemesis
Data: 06/11/2006 07.53
Argomento: l'opinione


 

C'è una bella frase che noi Alpini usiamo quando muore qualcuno: si dice che lui "è andato avanti".

Sono parole rispettose, gentili, che attenuano il dolore e anzichè recidere evocano continuità.


 



Anche se Signorini era un calciatore e non un Alpino, a me piace immaginare che non sia morto e che sia andato avanti.

E' difficile sfuggire alle incrostazioni retoriche quando si parla di una leggenda, ma Gianluca l'abbiamo visto e toccato, amato e acclamato, e noi che siamo abituati a venerare i padri fondatori e gli eroi dei 9 scudetti, sentiamo in lui la materializzazione del mito.

Per evocarlo non servono le nostalgie degli anziani o le trascrizioni di apostoli rossoblu; lui correva sul nostro prato e parlava ai nostri cuori.

I suoi muscoli, ancora ignari dell'imminente tradimento biologico, spremevano energia e fatica ma con una particolarità esemplare: la sua e la nostra passione coincidevano, come un diapason che vibra solo quando riconosce la convergenza dei toni.

 

E' stato bello averti Capitano tra noi, libero in campo e libero dagli screzi inquinati di un contesto nevrotico.

Il rimpianto  trova ragione nella certezza della tua fede, esente dai cedimenti che il tempo può insinuare e refrattaria ai tarli che ne rosicchiano la stabilità quando è precaria.

Abbiamo adorato centinaia di immaginette sacre, per poi scoprire che erano soltanto figurine Panini e magari pure "doppie"; abbiamo ammirato altri condottieri che tenevano il Grifone nel cuore, ma la tua tragedia ci ha fatto comprendere che si può oltrepassare la morte rimanendo vivi.

A te non è stato concesso alcun arbitrato e la sorte ti ha tolto l'ultimo possibile ripescaggio, ma l'eredità morale che hai lasciato a questo mondo infame è un argine formidabile contro la barbarie mercenaria.

Le tue lacrime sotto la Nord conservano un raro privilegio Genoano: erano di gioia e non di dolore, di commozione e non di sconforto, e la nostra cittadella è una di quelle rare dimensioni in cui ciò può ancora avvenire.

Ci sono calciatori che imitano gli automi, freddi calcolatori di interessi miserandi o attori di copioni prestampati; ma c'è un linguaggio muto che non sfugge alla gente semplice perchè diventa l'esperanto della vita.

Non voglio ricordare adesso le tue giocate, le tue azioni eleganti, quel tuo modo signorile di uscire dall'area per sfidare l'ignoto: ripenso invece ai tuoi occhi fiammeggianti, ai capelli scompigliati che ti facevano assomigliare ai Cavalieri del Sacro Graal.

Sei stato un Parsifal bardato di insegne rossoblu e, nelle giostre con i tuoi pari, mostravi con orgoglio l'effige grifonata di un popolo immortale.

Anche Wagner, senza saperlo, ti ha dedicato una sinfonia perchè le sue Valchirie cavalcavano i campi di battaglia individuando l'eroe più valoroso e poi, con rispetto, lo toglievano alla vita per condurlo al Grande Padre: e così è stato.

Le partite conquistate dal tuo estro sono nulla al confronto di quelle vinte dal tuo carisma, che giocava con te, in te, e aveva il 6 sulla schiena.

Io ho il sospetto che, da qualche parte, tu difenda ancora il Genoa e tenti di contrastare le sventure che ci opprimono: nella partita decisiva che presto verrà, salverai sulla riga il nostro futuro e un incredulo avversario resterà allibito per un goal banale inspiegabilmente respinto da una porta vuota.

Il tributo di quell'ultima notte a te dedicata è un diamante struggente, è un atomo d'infinito rubato all'inesorabile destino; se davvero le Madonne piangessero, quella sera ti saresti alzato per stupirci ancora, ma i miracoli scelgono altre latitudini proibite a noi Genoani.

E allora, come fossi un Alpino, tu sei andato avanti; come fossi un difensore ancora in campo, tu sei andato avanti; come avessi voluto anticiparci, tu sei andato avanti.

Dalla miseria delle nostre quisquilie quotidiane, ti giunga un semplice... grazie.

Nemesis







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