''De Coubertin riposi in pace'' di Gessi Adamoli
Data: 03/01/2007 16.04
Argomento: l'Ospite


Sprofondato nella crisi più devastante da quando gli inglesi lo iniziarono a giocare proprio a Genova, il nostro sport più popolare cerca uno spiraglio che non potrà prescindere, al di là delle decisioni assunte dai tribunali sportivi, da una profonda autocritica.

 



Un processo introspettivo che deve iniziare molto da lontano, perché a questo crollo epocale si è arrivati lentamente negli anni, dopo che quotidianamente sono stati calpestati tutti i valori dello sport. Questa piccola combriccola di malfattori ha trovato terreno fertile in un ambiente dove la moralità era oramai quasi considerata un handicap e a comandare era la logica del profitto e del risultato da raggiungere a qualsiasi costo, “Ladri di sogni” ha definito Borrelli, fresco di nomina all’Ufficio Indagini, chi ha portato via agli italiani il proprio passatempo preferito.
Siamo lontani anni luce dalla “domenica della buona gente”, il film era diventato una sorta di manifesto ideologico per i frequentatori degli stadi.
Ma tutto è cambiato rispetto a quel Napoli-Roma del 1953 che faceva da sfondo alle vicende umane di un vecchio pensionato che spera di fare 13 al Totocalcio, di un giocatore che vorrebbe diventare allenatore e di un giovanotto in cerca di lavoro.
Oramai le famiglie sono bandite dagli stadi, troppo cari ed anche pericolosi.
Ed in campo troppo spesso si assiste a spettacoli non certo edificanti, non tanto per l’aspetto tecnico quanto soprattutto per quello etico.
Le bandiere? Roba da antiquariato, non esistono più: c’è chi si fa tatuare su un polpaccio il simbolo della squadra e l’anno dopo si vende tranquillamente al miglior offerente.
Simulatori, cascatori e provocatori abbondano: conta soltanto vincere, non importa come e con quali mezzi.
E, fateci caso, sempre più spesso chi ti sta di fronte non viene chiamato avversario ma nemico. Come se si fosse in guerra. Aberrante, ma è così.
“Non permetterò ai Moggi, ai Girando, ai Galliani, ai Lolito di farmi odiare uno sport incantevole e di farmi fare il tifo per il Ghana, gli USA o la Cekia. Non gliela do vinta”, ha scritto Vittorio Zucconi su Repubblica durante il Mondiale.
No, non bisogna dargliela vinta!
Lo sforzo di tutti deve essere quello di riappropriarsi del calcio e farlo tornare ai valori che da sempre sono quelli di chi fa lo sport.
In modo che il marchese  De Coubertin riposi in pace.
Perché ora si sta rivoltando nella tomba.

Gelasio Adamoli







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