M.d'A. V.M. Luigi Ferraris: la questione
Data: 28/01/2007 00.05
Argomento: dalla redazione



Nel caso si eriga, come si progetta, un secondo stadio, il Genoa si troverebbe in una situazione nello stesso tempo esaltante e insidiosa.

Vorrei svolgere argomentazioni  di pura, fredda logica.

Quando arrivarono i soldi in vista della Coppa Rimet del 1990, il Comune di Genova ci calò addosso il progetto Gregotti, dall'alto, imponendocelo senza tenere in considerazione alternative. Il progetto era per sè pregevole, ma non era il vestito attagliato per lo stadio Ferraris. A fronte dei lati positivi, furono dalla partenza evidenti e continuarono ad emergere svariati svantaggi.

 



1)  Distruttiva flessione della capienza. Furono create 4 piazzette esterne invece che raccordi capaci di accogliere altri spettatori. Dissero che mancavano spazi per lo sfogo di un maggior pubblico ... e il giorno dopo aver finito i lavori dello stadio avviarono la copertura del Bisagno.

2)  Diminuzione della larghezza del terreno di gioco.

3)  Una serie infinita di successive, annuali diminuzioni di capienza, sia per problemi di visibilità, sia per rincorrere l'ufficiale agibilità.

4)  Dalle tribune e dai distinti non si vede l'intero campo di gioco (non tutti e 4 gli angoli e la linea laterale più vicina).

5)  I "distinti" non hanno settori separabili: impossibile crearne a costi differenziati o dedicarne agli ospiti. Le separazioni, che si sono poi dovute fare, nelle tribune hanno svalutato i posti nelle "gabbie".

6)  La fila più bassa della tribuna sono posti da ciechi.

7)  Non tutti gli spettatori tra loro si possono vedere; questo non è un difetto funzionale dal punto di vista tecnico ma smorza la socialità dello spettacolo.

8)  E' stato necessario rialzare il terreno (pro visibilità) , quindi rifare completamente il manto, e ancora non ne siamo usciti.

9)  Non sono stati previsti i varchi di entrata per mezzi rotabili.

10) Non sono previsti accoglienti posti di ristoro, oltre ai piccoli bar.

11) Lo stadio non è utilizzabile a scopi commerciali, settimana durante. (La tradizionale ditta di sedie del povero Sardelli non ha potuto sopravvivere). Al di fuori della partita, lo stadio non è frequentabile.

Non so se l'elenco sia completo; ma certo basta per concludere che l'adozione del Gregotti, nonostante una sua bellezza, penalizza la città, in confronto ad altri stadi italiani, in forma permanente.

Conclusione: all'avvento di un eventuale nuovo stadio, il quale sarà stato ideato  direttamente dagli utilizzatori interessati, e pertanto con criteri sani, invece che da funzionari pubblici distratti, il Ferraris inevitabilmente passerà in secondo piano rispetto a quello.

I Genoani a questo punto avranno lanciato un urlo di gioia e dopo una accurata disinfezione si saranno impossessati, a quale titolo si vedrà, del vecchio, storico "Campo do Zena" e vi si saranno installati. E vedo nascere e diffondersi, con una certa perplessità, l'idea di una trincea sulla linea della sua difesa, tipo: "di qua non ci butteranno fuori, il Ferraris non si abbatte. No pasaran".

Perché dico perplessità?

Perché se fosse una difesa passiva di trincea, sarebbe la difesa di una posizione destinata, col tempo, a diventare arretrata.

Se il Genoa vorrà evitare di cadere in una posizione di subordine, avrà davanti a sè due sole strade, entrambe difficili e costose:

1) Imitare l'esempio altrui e costruirsi a sua volta un nuovo stadio di proprietà.

2) Ammodernare radicalmente il Ferraris.

La prima opzione potrebbe essere forse la più economica. Ci sarebbe la possibilità di  speculare, patteggiando, sull'interesse delle ambitissime aree che ne sarebbero rilasciate; poi si dovrebbero affrontare gli stessi svantaggi e si beneficerebbe degli stessi vantaggi di quelli che avranno già scelto la via dell'esodo. Sarebbe una ben maggior ferita al cuore di noi Genoani abbandonare una parte della nostra storia; ma io credo che chi si ferma a guardare il passato, anziché guardare al futuro, è perduto. Chi non si evolve muore.

La seconda opzione passa attraverso la demolizione delle carceri e la cancellazione almeno parziale dell'inadatta architettura Gregotti.

Tutt'e due queste strade, le uniche rivolte al futuro, passano attraverso il consenso degli amministratori locali. Questo mi sembra tanto evidente che parole non ci appulcro.

Conclusione, sempre a filo di logica spassionata.

La nomina degli amministratori di Genova diventa vitale per gli interessi del Genoa Cricket and FootBall Club.

Ho saputo con sommo piacere che l'esimio avv. D'Angelo ha richiesto, ai candidati alla carica di sindaco, delle promesse, o quanto meno l'espressione delle loro  intenzioni.

Molto bene. Ma basta?

Quello ch'é più importante è il SENTIRE delle persone, al di là delle parole che queste sappiano porgere.

A questo punto bisognerebbe espungere, dai nostri pensieri, i motivi di pura politica, cioé le ideologie; argomenti che d'altra parte non ci siamo mai sentiti, qui, di affrontare, né ci compete. Quando poi si parla di elezioni amministrative, non politiche, ci sembra consentito le ideologie di metterle da parte.

Mi auguro amministratori maggiormente dotati di un sentire genoano e lontane dagli affarismi, dagli interessi, dalle speculazioni – cose che da tempo abbiamo ragione di temere e ci sembrano cultura e habitat i più adatti per i nostri nemici.

Al popolo genoano di far sentire la sua voce, che, se unito, può essere potente.


Vittorio Riccadonna

 


 







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