I 300 dell'Aquila: come la Cronaca diventa Leggenda
Data: 17/11/2007 22.48
Argomento: dalla redazione


 

Il mio ricordo più lontano relativo agli incontri del Genoa con la Roma, risale al marzo del 1951.
Eravamo arrivati alla ventottesima giornata di campionato e dovevamo andare ad affrontare la Roma sul campo neutro dell'Aquila.
Il Genoa, con i suoi nove scudetti, vecchi di soli ventisette anni, era ultimo in classifica (insieme alla Lucchese) con 15 punti, e la Roma, con lo scudetto del '41 ancora abbastanza fresco, era penultima, a 17.


 



Era uno scontro tra nobili decadute, come si diceva allora, un po' disperate, perché la serie B era a un passo.
Ma i genoani, che avevano ancora vivo il ricordo delle grandi imprese del Genoa d'anteguerra, non si demoralizzarono e organizzarono tre pullman e un treno speciale, per seguire gli amati colori rossoblù e
arrampicarsi fino all'Aquila.
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Si ritrovarono in 300, e in tempi come quelli, di gravi ristrettezze economiche, con la gente che aveva ben altri pensieri per la testa che una partita di calcio, l'impresa fece epoca.

Uno di questi 300 era il "Buitre", che all'epoca era ancora teenager, giocava nei ragazzi del Genoa e lavorava già.
Adesso è uno degli anziani del bar del mio quartiere, ha movimenti lenti e macchinosi che gli sono valsi l'impietoso soprannome, si commuove ancora parlando del Genoa e ogni tanto racconta di quella trasferta diventata mitica.

Il sabato, non era ancora "all'inglese", come si usava dire, ma lavorativo. E il Buitre, come tutti gli altri che fecero quella trasferta passata alla storia, lavorò quasi tutto il giorno.
Solo un piccolo permesso per uscire un po' prima, giusto per avere il tempo di prepararsi con calma e poi via, in corso De Stefanis, al punto di incontro, in un bar, dove aveva sede una delle tanti roccaforti cittadine del tifo rossoblù.

Di lì partirono tre pullman di intrepidi dal grande cuore rossoblù che, armati solo di una immensa passione, con pochi soldi in tasca, scarsi panetti imbottiti nella borsa e qualche bottiglione di vino, si apprestavano ad iniziare un viaggio che sarebbe terminato, senza soste, solo il lunedì mattino.
E non per andare a dormire, ma per andare al lavoro.

Questi erano i genoani dei primi anni del dopoguerra, gente che ha saputo trasmettere intatta alle nuove generazioni la passione per una Leggenda, quella genoana, che non finirà mai di essere raccontata.
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Il primo tempo della partita, passò con due sole emozioni per due fughe dell'ala sinistra della Roma, dal nome pieno di consonanti e con due sole vocali, Sundqvist, concluse, per fortuna del Genoa, sopra la traversa.
Per il resto, molta paura da entrambe le parti, con conseguente tendenza a non scoprirsi.

Lo stadio era pieno di tifosi della Roma, che erano arrivati a migliaia anche loro animati da grande passione, e i trecento genoani erano una goccia nel mare.
Questo perché, prima di tutto l'Aquila dista meno di 150 Km da Roma, ma poi anche per merito dei tifosi romanisti che, erano stati tra i primi in Italia a fare, a partire dagli anni '40 con la famosa Roma del Testaccio, quello che i tifosi genoani avevano cominciato a fare fin dal tempo dei pionieri.
E' del 1906, infatti, il primo treno speciale del calcio italiano ed era un treno di tifosi genoani che andavano a Milano per un incontro in campo neutro contro la Juve.
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Il secondo tempo incominciò con un'altra occasione sbagliata dalla Roma.
Successivamente, ci fu un salvataggio disperato del portiere rossoblù Bonetti, e proprio quando sembrava mettersi male per noi, il Genoa passò in vantaggio, a dimostrazione che l'imprevedibilità del calcio non si smentisce mai.

Rete dell'ala sinistra Nilsson, uno del trio svedese, che insieme a Tapper e Melberg, aveva sostituito, con risultati peggiori, il trio sudamericano Aballay, Alarson e Boyè dell'anno precedente.

Fatto il goal, il Genoa sullo slancio colpì anche un palo. Poi toccò alla Roma colpirne due, il secondo a pochi minuti dalla fine.
Ma il risultato ormai era scritto e i trecento dell'Aquila, con un trionfale viaggio di ritorno, passarono dalla cronaca alla leggenda.
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La vittoria dell'Aquila non servì purtroppo ad evitare ai nostri amati colori la seconda retrocessione della nostra storia.
A fine campionato, infatti, Genoa e Roma finirono entrambe tristemente in serie B.

Ma c'è una cosa, relativa alla partita dell'Aquila, che fa onore ai romanisti, che forse non è scritta nei libri, ma che il Buitre racconta.
Ed è il fatto che, alla fine della partita i tifosi giallorossi, nonostante fossero padroni dello stadio, invece di dare la caccia al genoano per sfogare la rabbia della sconfitta, tributarono un grande applauso per il Genoa vincitore.

"E questo avvenne nonostante la Roma avesse avuto più occasioni da rete di noi!!" -sottolinea con enfasi il Buitre, che parla solo in genovese- "Ma noi ci avevamo messo il cuore e i tifosi della Roma lo avevano capito e ci avevano applaudito per questo".
Poi conclude, sempre in genovese:
"Da quella volta coi tifosi della Roma siamo sempre stati in buoni rapporti, perché con noi si erano comportati sportivamente".

Franco Venturelli

 







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