''ANALOGIE'' di Frizzi44
Data: 10/03/2009 17.35
Argomento: l'opinione


 

Essendomi astenuto per parecchio tempo dal tediarvi, mi permetto di dare sfogo alla mia grafomania troppo a lungo repressa.

 

 



E’ strano come la storia sia contraddistinta da periodi in cui tutti i settori dell’attività umana sembrano scossi dagli stessi venti di cambiamento o di restaurazione, di passione o di abulia, di generosità o di egoismo, di grandezza o di mediocrità.

Si potrebbero citare molti esempi ma il discorso diventerebbe lungo; basti pensare, per rimanere alla nostra (o almeno alla mia) generazione, il fervore di innovazione e gli ideali utopistici degli anni 60/70 e il trionfo dell’edonismo cinico e individualista a cui abbiamo passivamente assistito (o peggio, attivamente contribuito) negli anni successivi.

E questo, come dicevo, in tutti i campi: dalla politica alla religione, dalla cultura alla musica, dalla moda allo sport, come se un impulso improvviso e inarrestabile spingesse gli uomini nella stessa direzione ricordando loro di essere stati creati a immagine e somiglianza di Dio o, viceversa, spingendoli ad avvalorare le teorie evoluzionistiche di Darwin.

E ogni epoca ha i suoi degni rappresentanti che spesso il sentimento popolare accomuna più di quanto sia oggettivamente lecito fare: basti pensare alle icone abbinate di J.F.Kennedy e di Papa Giovanni che, fino a 30 anni fa, erano immancabili sulle bancarelle delle fiere di paese.

E come non trovare analogie, al di là della poco fantasiosa etichettatura, fra “tangentopoli” e “calciopoli”?

Non tanto e non solo nei contenuti e nei personaggi, ma anche, a mio parere, nelle cause che determinarono tali fenomeni, nel loro evolversi e soprattutto nel come se ne è usciti solo fittiziamente ieri e come invece si può sperare di uscirne domani in modo reale e duraturo.

Entrambi i “cataclismi” infatti non furono determinati da volontà di cambiamento nè da moti rivoluzionari guidati da portatori di nuove ideologie, bensì dall’implosione di due sistemi che collassarono su se stessi a causa dell’eccessivo marciume che ormai ne aveva logorato le strutture. Come un frutto troppo maturo che cade dall’albero senza che intervenga la mano del contadino.

Le stesse procure (rispettivamente di Milano e Napoli) non furono, checché se ne dica, protagoniste del crollo ma semplici comprimari, quasi spettatori e notai dello sfacelo.

Nulla di veramente alternativo bussava alle porte, né c’erano all’orizzonte “ingegneri” animati da nuovi ideali e da sufficiente personalità per edificare nuovi modelli di sviluppo.

La stessa “volontà politica” dell’opinione pubblica, sotto sotto, temeva un reale cambiamento più di quanto lo auspicasse (in entrambi i casi “the show must go on”) e, come naturale conseguenza, si fece quindi ricorso a qualcuno che “gestisse le macerie” rendendole appena appena “vivibili” piuttosto che cercare i paladini di un improbabile “new deal”.

Basti pensare ai nomi dei "nuovi" protagonisti della politica e del calcio: personaggi che, durante l'ancien régime, non erano certo sulle barricate, ma che rispondevano al solo requisito di aver evitato un eccessivo sputtanamento O perché nelle porcate degli altri ci "inzuppavano il pane" riamnendo fra le quinte o perché la loro stessa mediocrità aveva risparmiato loro la prima pagina dei giornali.

 

Come stupirsi quindi se in questi due universi paralleli (politica e calcio) i reali cambiamenti sono stati tanto insignificanti da consentire anche a quelli che apparivano più impresentabili di fare ancora capolino, senza nemmeno troppa discrezione, sui media nazionali?

Come impedirgli, passato il polverone, di reclamare a buon diritto quelle poltrone che gli erano state sfilate proditoriamente da sotto il sedere per essere occupate da terga certamente non più nobili delle loro?

Del resto è risaputo che ogni popolo ha la classe politica che si merita. E questo vale anche per i lettori dei giornali, il pubblico televisivo, i consumatori, i fedeli…e, naturalmente, le tifoserie calcistiche.

Un Paese di raccomandazioni, di ricevute fiscali non fatte e non richieste, di “creste” sulle note spese, di abusi edilizi e relativi condoni, di indulti e patteggiamenti, di lavoro nero e morti bianche, di code non rispettate e divieti baipassati, di CD taroccati e rifiuti sparpagliati, di assenteismo sul lavoro e presenzialismo in TV…

Un Paese di “furbi”, pronti a rinunciare ai “diritti” per ottenere i “favori”, si merita “tangentopoli”!

Così come degli “sportivi” che odiano e insultano gli avversari, che “l’importante è vincere”, che “l’arbitro è cornuto”, che “devi morire”…si meritano “calciopoli”!

Eppure ogni tanto, in una notte così buia, qualcuno cerca di indicarci un raggio di luce in fondo al tunnel: qualcuno, abbandonando la scena da sconfitto, dice che “l’obiettivo non è cambiare il governo ma cambiare il Paese” e qualcun altro, minacciando di abbandonare la scena da vincitore, ci invita a un diverso modo di vivere il calcio.

Analogie?

Forse solo utopie. Ma vale la pena di vivere senza inseguire un sogno?

 

Frizzi44

 

P.S.: ho accuratamente evitato di fare dei nomi; li lascio alla vostra fantasia.

 

 

 

 







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