Un problema comune
Data: 19/11/2010 20.57
Argomento: dalla redazione


 

Il desiderio di capire mi ha indotto a presentarmi ad un raduno di sampdoriani, domenica scorsa, detto “conferenza stampa”, in realtà poco frequentato da giornalisti  (Il Secolo XIX  ne ha pubblicato un commento), cioè si trattava di una sala di hotel piena zeppa di giovani dal comportamento corretto. Mi interessava l’argomento: la questione della cosiddetta tessera del tifoso (non sopporto la parola).

 



Dirò anche che mi sono presentato come genoano e sono stato bene accolto.

 

I relatori hanno letto una lettera (la seconda) inviata al ministro Maroni, senza risposta come la prima: in essa chiedevano spiegazioni sul fatto che a Milano contro l’Inter 4000 sampdoriani senza tessera siano stati mandati nel settore ospiti a fini di ordine pubblico, benché muniti di biglietto per un altro settore (più caro); questo in contraddizione alla norma del ministero, non propriamente una legge, la quale esclude che a spettatori senza tessera si possano fornire biglietti per il settore ospiti.

 

A me è venuta subito alla mente l’analoga vicenda di due anni fa a Verona quando nella mia comitiva avevamo biglietti per distinti e gli inservienti cercarono insistentemente di dirottarci verso il settore ospiti (meno caro di quello per cui avevamo acquistato i biglietti) per aver visto le nostre sciarpe; in quel caso non ci riuscirono e noi vedemmo la partita potendo conversare amichevolmente con i veronesi e alla fine salutandoci con gentilezza  – il Chievo aveva perso 1-0 con un gol quasi all’ultimo minuto e vedeva così la retrocessione!  Ma al ministro Maroni questo non ditelo perché ci imputerebbe di esserci avvicinati a persone “avversarie”, che poi sono sportivi come noi, malgrado il suo divieto.

 

Mi sono ricordato anche la disavventura di quelli di noi che sono qui molto vicini e che sono andati ad Udine, acquistando biglietti di tribuna. Il questore, sempre a scopo di ordine pubblico, poi ha proibito loro di accedervi! Così hanno dovuto starsene, dopo un così lungo viaggio, tutto il tempo sotto l’acqua.

 

Purtroppo ormai lo sappiamo: lo stesso problema è per tutti. 

 

Queste disavventure sopraddette le conoscevo, ma in quella riunione ne ho imparato un’altra ancora più sconcertante, a credere ciò che hanno raccontato.

 

Per la partita di Parma c’era la proibizione di acquistare biglietti fuori zona, un divieto assurdo data l’inveterata amicizia tra le due tifoserie e che aveva quindi un sentore come di intimidazione, di avvertimento. Però molti di essi hanno potuto ottenere biglietti da amici parmensi. Col tale biglietto in mano, si sono trovati di fronte uno schieramento di polizia. Se ne sono stati tranquilli a seguire la partita dall’esterno dello stadio, proprio per la volontà di dimostrarsi capaci di sostenere civilmente le proprie argomentazioni contro il divieto. Invece poi i mezzi di informazione, giornalistici e televisivi, hanno propalato la notizia falsa di scontri da parte loro con la polizia, con l’effetto di indebolirne l’apparenza di correttezza.  Da dove sono provenute queste notizie? Da veline? Le fonti di informazione sono inquinate? Il bello è che ci fu, vero, una singola carica della polizia: ma contro i sostenitori parmensi, che entravano allo stadio col biglietto indossando, per amicizia, sciarpe degli ospiti.

 

Dunque non serve neppure adottare la massima correttezza, si viene comunque incolpati, si teme un vero confronto di idee.

 

E io ricordo la mia difficoltà di avvicinarmi al nostro stadio e l’aver dovuto separarmi da un amico col quale sono andato a vedere la partita col Bologna perché egli è abbonato e allora insieme non si può entrare.

 

A quella riunione ho ricordato le parole dell’avvocato Massimo Rossetti, che voi lettori già conoscete: la tessera del tifoso è una grande operazione commerciale e le società sono più che complici.

 

Il tentativo di questi sampdoriani è che venga riconosciuta quella che considerano, e anch’io con loro, una lesione dei diritti del cittadino. Le esigenze di ordine pubblico sono preminenti, ma devono discendere da condizioni particolari, non rappresentare una strategia fissa contro una parte della popolazione.

 

Per quanto tempo dovremo sopportare tutto questo?

 

Che azioni intraprendono i genoani?

 

 

Vittorio Riccadonna

 

 

 







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