Attacco e difesa
Data: 27/10/2011 19.25
Argomento: dalla redazione


 

                                                        Il risultato è sempre giusto

                                                                    (Bernardini)

 

 

Tra due contendenti, l’attacco e la difesa sono gli atteggiamenti che possono predominare, oppure alternarsi, oppure compenetrarsi, secondo le situazioni.

 

A volte una posizione difensiva proviene da una scelta tattica di una delle parti.

 

Si crea in questo caso un confronto stimolante sotto l’aspetto concettuale, affascinante specie quando la tattica difensiva diventa vincente.

 

 



Tutti siamo ammirati, per citare esempi famosi, della strategia vincente di Annibale a Canne, come di Napoleone nella prima e decisiva fase della battaglia di Austerlitz: il comandante dell’esercito inferiore di forze che prevede e sfrutta l’attacco del più forte nemico, secondo un piano nato nella propria mente.

 

Coloro che procedono all’arduo esercizio della “lotta giapponese” devono ad un certo grado imparare una serie di incontri le cui mosse sono già rigidamente previste e studiate e vanno perfettamente eseguite. In esse, l’attaccante perde sempre: vincente è sempre chi risponde. Ci sorge una sorta di compiacimento, come se sentissimo che è giusto così.

 

Anche nella scherma giapponese si vuole che l’azione difensiva si fonda col contrattacco, senza intermezzo.

 

Molti anni fa, davvero molti, era sorto a Roma un pugile locale che veniva celebrato come una grande promessa. Era un longilineo dotato di buona scherma e si chiamava Festucci. Dopo qualche sua bella vittoria, fu organizzato un incontro particolarmente importante e significativo con un pugile tedesco non particolarmente famoso, di cui non ricordo neppure il nome: un incontro pubblicizzato e trasmesso in diretta dalla televisione. Il confronto durò qualche ripresa, in cui Festucci fu costantemente all’attacco ed il tedesco esclusivamente in difensiva. Improvvisamente, il tedesco scattò e riuscì a colpire il volto scoperto. Un solo pugno, in tutta la gara! Festucci crollò, fu trasportato fuori dal quadrato e di lui non si sentì mai più parlare. Fu ingiusto, oppure meraviglioso?  

 

Nel calcio, impossibile non volare col pensiero alla meraviglia delle meraviglie, la vittoria dell’Uruguay, stretto intorno al capitano Obdulio Varela, sullo strapotente Brasile del 1950. 

 

Dunque, ecco Genoa-Roma. Il Genoa si ritiene non all’altezza di contrastare l’ampio schema della Roma e decide di giuocare sulla difensiva. Si difende molto bene. La Roma domina il campo, così appare, ma all’attacco o tira fuori o tira addosso a Frey. Il suo pacchetto difensivo si lascia attrarre da un’evoluzione di Palacio per cui Jankovic, entro l’area di rigore e frontalmente alla porta, può eseguire l’arresto a terra e quindi il tiro piazzato: bello, ma troppo comodo, come lo vede l’allenatore dei romani. Sull’ultimo calcio d’angolo del Genoa, Merkel e Kuzka sono quasi affiancati sul palo più distante e liberi, la difesa romana è ferma a guardarli: Merkel è superbravo a buttare di testa la palla sui piedi di Kucka, chi dice che è un gol fortuito? Due gol, due bei gol, due errori della difesa.

 

Un bel gol anche della Roma, per un errore di Bovo che non prevede l'intervento di Borriello e per quello di Constant, che sta a guardare l’avversario che infila da sottoporta.

 

Due errori a uno. Due gol a uno.

 

2-1, il risultato è giusto.

 

 

Vittorio Riccadonna

 

 







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