Interludio: la Bicicletta all’Origine
Data: 10/10/2013 06.50
Argomento: dalla redazione


 

 

La nostra rubrica di giochi nel commentare la figura di George Davidson è riandata ad una forma di connessione tra ciclismo e football delle origini. Infatti nel medesimo anno del 1897 furono costruiti a Torino il campo di calcio dove l’anno dopo si sarebbe disputato il primo campionato federale e a Genova quello che l’anno dopo sarebbe stato la base al Grifone per aprire le ali al suo volo nella storia: entrambi i campi, all’interno di piste ciclistiche esistenti da anni.

 

In questa settimana di intervallo, con l’occasione, riproponiamo ... 

 

 

 



In questa settimana di intervallo, con l’occasione, riproponiamo, per un piccolo tuffo nel passato e nel bell’italiano del tempo, la lettura di un articolo, al giorno d’oggi  particolarmente gustoso, relativo all’apparizione della bicicletta nelle città, tratto da:

 

Gazzetta del Popolo     -      Anno XXXXVII         -      Torino

Giovedì – Venerdì  7 – 8 giugno 1894

 

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                                               CICLISMO

 

   Le biciclette in Italia non hanno ancora fatto argomento di discussioni e deliberazioni giuridiche. Ne han trattato diversi comuni sotto l’aspetto d’una possibile imposta.

    In Francia se n’è occupata la Corte Suprema di Cassazione in un senso più largo.

    La bicicletta è una vettura? Ha essa i diritti e gli obblighi d’una vettura, di prendere p.e. la destra, la sinistra, secondo gli usi dei diversi paesi?

    La risposta è stata negativa. La bicicletta, secondo la Corte di Cassazione francese, resta pertanto senza definizione. Un carrettiere di cattivo umore può entrare in conflitto contro qualsiasi biciclettista negandogli per dispetto la sinistra o la destra, senza che gli si possa muovere una rampogna, ed avendo anzi ragione assicurata.

    La sentenza della Corte di Cassazione francese dà luogo ad acerbissime controversie.

    Di questo non occorre occuparci. Ma l’enorme sviluppo che ha preso e prende anche in Italia il biciclettismo, rende urgente che, per tutti i fini, si cominci a definire legalmente che cosa è la bicicletta.

    E’ una vettura? – Abbia i diritti e gli oneri d’una vettura.

    E’ un cavallo? – Abbia i diritti e gli oneri d’un cavallo.

    E’ una macchina portabile inventata per scemare il numero dei viaggiatori paganti sulle ferrovie e sui tramway? – Abbia i diritti e gli oneri d’una macchina capace di fare la concorrenza a danno dei tramway e delle ferrovie.

    Ma si risolva prima che avvengano conflitti.

    La legge nulla ha statuito intorno a tali quistioni perché prima non erano sul tappeto per la ragione più che legittima che non v’erano biciclette.

    Ma ora, a fronte dello sviluppo preso dalla nuova invenzione, è necessario, a difesa del Biciclismo, di dare norma ad un tale esercizio, ad un tale servizio, per evitare disgustosi incidenti, e non lasciare i poveri pretori senza una guida direttrice.

    Per quanto spetta alle quistioni igieniche che il biciclismo – o a dir meglio l’eccesso del biciclismo solleva, - è necessario, a nostro avviso, aspettare sopra una scala più larga il benefizio del tempo.

    E’ indubitabile che mentre i favorevoli risultati di quel simpatico e nobile esercizio sono palesi a tutti, i supposti pericoli e danni sono ancora nella malferma fantasia degli avversari. Non vale il dire che salta agli occhi, che un ciclista assiduo deve finire con diventare un gobbo e avere braccia esili e i piedi molli.

    In primo luogo la posizione curvata non è obligatoria, e un ciclista elegante può imparare benissimo a star dritto. In secondo luogo, se tale dovesse essere l’influenza finale della bicicletta, il male relativo sarebbe nullo, perocché tutti i popoli v’andrebbero soggetti; ed anzi forse ci avrebbero guadagno, essendo dimostrato dalla sperienza dei secoli che i gobbi hanno più spirito che i non gobbi.

 

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