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dalla redazioneSparirà il Ferraris, e anche noi anziani
18/11/2008

 

Non si poteva perdere l'occasione di pubblicare nella home questo bel pezzo di commento (dal Brasile) a quello (altrettanto bello) di Maurizio Pezzolo.

Giudicate voi!

il coordinatore del sito

 


Caro Voce

sono passati ormai 5 anni da quando il solito bene informato mi aveva detto che esisteva già un progetto dettagliato che prevedeva un quartiere nuovo di zecca al posto del Ferraris.
Una speculazione edilizia da fare impallidire quelle di Portoria e di via Madre di Dio.

Dall'esperienza che mi sono fatto nel mondo del lavoro, so che quando il "padrone" vuole una cosa, almeno due fatti accadono con assoluta certezza: 
1. ottiene sempre quello che vuole
2. non si pone problemi di tempo. Ciò significa che non cerca di forzare le cose tutte le volte che ci sia il rischio che ciò possa provocare dei disordini. Aspetta e opera in modo da fiaccare, nel tempo, le resistenze.

Sono anni che stanno aspettando, lo sappiamo.
I fatti del 2005 hanno aperto gli occhi a molti, facendo nascere sospetti non dimostrabili, ma fin troppo credibili.
Sapevano che un Genoa forte poteva essere un ostacolo, e hanno cercato di far fuori Preziosi per accorciare i tempi.

E' andata loro male, ma non per questo hanno rinunciato. Sanno che Preziosi non è eterno e che il Genoa prima o poi troverà un'annata storta.
E se  i risultati non ci sono, sarà facile far salire, con l'aiuto della stampa e i giornalisti adatti, il malcontento popolare contro il presidente e l'allenatore.
Basta un niente: che la squadra finisca in bassa classifica, che l'allenatore venga licenziato, che Preziosi, messo alle corde dai tifosi, se ne vada, e il gioco è fatto.

Il progetto sta nel cassetto. Non c'è premura.
Se fai mente locale, dai tempi dello "sfondamento" per fare via XX Settembre, passando per il quartiere del Colle, per Portoria e per Via Madre di Dio, per Sampierdarena quartiere della Coscia, con una precisione scientifica ogni un certo numero di anni la classe padronale = politici + privati, butta giù un pezzo di Genova per farsi un bel gruzzolo ricostruendo.
Ora tocca al Ferraris.
  
Quando sarà il momento ci troveremo con il Ferraris demolito da un giorno all'altro, come  è accaduto per la casa di Paganini. E il gioco (per loro) sarà fatto.
I "padroni" privati + pubblici, non chiedono il permesso. Se no, che "padroni" sarebbero?

Vent'anni dopo l'abbattimento dello stadio, noi non ci saremo più e le nuove generazioni continueranno ad andare tranquillamente a vedere il calcio a Genova, come niente fosse.
E se qualcuno dovesse parlare loro del Ferraris proverebbero forse la stessa sensazione di estraneità che provavamo noi ragazzi, quando i nostri vecchi ci parlavano di Ponte Carrega.

Hai mai pianto tu per l'abbandono di ponte Carrega?
Credo di no.
Stessa cosa accadrà probabilmente con le generazioni future quando sentiranno parlare del Ferraris.
Così va il mondo, caro Voce.
E i "padroni" lo sanno, perchè non ragionano coi sentiemnti ma con l'obbiettivo di un interesse economico da realizzare.

I "padroni" sono sempre un pò più avanti di noi, per questo ci fregano sempre.
Mentre noi stiamo cercando di capire cosa vogliono fare per il Ferraris e come poterli ostacolare, loro stanno già pensando alla prossima mossa. Che come al solito, ci prenderà di sorpresa.
*
Io non riesco a immaginare di andare a vedere il Genoa in un altro campo.
Ma io sono anziano e posso anche prendermi il lusso di chiudererla qui con questo calcio che non mi piace più.
Ma per i giovani è diverso.
Per loro la vita continua, e credo (spero) proprio che saranno tanti i giovani che continueranno a seguire il Genoa anche nel nuovo stadio.

Noi il Genoa non lo abbiamo mai lasciato solo.
Adesso tocca a loro.
E credo che faranno bene il loro dovere, perché sono liberi dal peso del passato.
Sparirà il Ferraris -e noi anziani con lui- ma non il Genoa.

abraços

Franco Venturelli

 



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"Sparirà il Ferraris, e anche noi anziani" | 3 commenti
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Stai visualizzando i commenti del giorno 19/11/2008


Cari ragazzi
di Abbadie56 il 19/11/2008 17.54

proprio perchè si parla di cose di cuore, capita di dire una cosa oggi e un'altra domani, a seconda degli umori.

Oggi direi che se dovessero chiudere il Ferraris io non andrei più a veder giocare al calcio.
Ma quanto durerebbe questa presa di posizione?
Non lo so.
So invece che, prima o poi, sentirei il richiamo del Genoa e forse finirei per tornare a vederlo dal vero, anche in un altro stadio.
Troppo difficile fare previsioni certe.

Tutto questo perchè per tutta la vita io, mezz'ora prima dell'inizio della partita, sono uscito di casa, ho preso il 33, sono sceso a Mini, mi sono fatto la scalianta (ho contribuito in modo massiccio all'usura di quei gradini) di corsa, ho attraversato il Bisagno e sono entrato alla Nord per sistemarmi nel "parterre" giusto quando le squadre stavano entrando in campo.

Sessanta anni sono un tempo enorme. E tu capisci bene caro Voce, che improvvisamente non puoi fare come se questi 60 anni non ci fossero stati.
Per questo dico che, il giorno in cui dovessi andare a vedere il Genoa su un altro campo, sentirei tutto il peso del passato.
Cosa che un giovane non può provare per il sempolice fatto che non ha vissuto le mie vicissitudini.
In questo senso i giovani rappresentano davvero il futuro, in tutti i sensi.

Io ricordo ancora come fosse ieri, quando ho disceso di corsa quella scalinata una splendida domenica del giugno 1956 per andare a vedere il Genoa contro la Fiorentina campione d'Italia imbattuta.
E ancora adesso, in questi anni, quando scendo la scalinata in una domenica di sole, mi viene in mente quella giornata e quella partita, rivedo la stessa luce nell'aria di primavera inoltrata, sento il caratteristico vociare che a quei tempi precedeva l'inizio della partita, gli annunci degli altoparlanti e tutto il resto!  A 60 anni di distanza....
Non so se ho reso l'idea...

Che poi la memoria sia anche una ricchezza, tu sai bene che io lo penso. E che spesso rievoco cose del passato nella speranza di non annoiare nessuno.
Ma tutte le cose hanno due versi, tu lo sai.
Uno aiuta e l'altro ostacola. La vita è questa.

Caro Franci, io possiedo la copia della rivista (tramite mio nonno) emessa per le celbrazioni del "Quarantennio", dove, oltre ai riconoscimenti unici fatti al Genoa (nemmeno Milan, Inter e Juve ne hanno mai avuti di eguali: il termine "glorioso, forse non tutti lo sanno, è stato usato solo per il Genoa e nessun altro!) dai mostri sacri (quelli veri, non i buffoni di oggi) del giornalismo italiano -come il leggendario Emilio De Martino- ci sono anche le dichiarazioni del presidente Vincent Ardissone, il quale afferma che i "soci" del Genoa, all'inizio degli anni "dieci", finita la giornata di lavoro, si recavano a Marassi per lavorare alla costruzione del campo.

Posso dire così con assoluta certezza che l'affermazione in base alla quale si dice che i genoani di inizio '900 -che si incontravano dai Klainguti di via XX Aprile (dopo tanto sono riuscito a sapere in quale locale era ubicato)- avevano collaborato ai lavori per la costruzione del campo da gioco, è assolutamente vera.
Non a caso si diceva, quando ero adolescente: "il campo del Genoa", perchè anche i genoani avevano collaborato ai lavori.

Tra pochi anni ci sarà il centanario dello stadio del Genoa. Sarebbe l'occasione per una manifestazione che oltre ad essere celebrativa, potrebbe anche servire per mostrare i denti a chi di dovere.

Non so però quanto potrebbe servire.
Il cuore mi dice che il campo del Genoa continuerà ad essere il "catino" di Marassi, come veniva chiamato negli anni '50, per sempre.
La ragione mi dice però che sarà difficile.

Ma non penso che ce l'abbiano col Genoa in particolare.
Il discorso, per me è un altro: vogliono fare soldi.
E poichè l'attacamento alla tradizione dei genoani è un ostacolo, di conseguenza ce l'hanno col Genoa.
Ma solo come conseguenza di un altro fatto primario.

abraços



Non riesco a scindere l'idea di Genoa dal Ferraris
di Franci il 19/11/2008 13.19

Stadio "Luigi Ferraris"

"Ben altro Marassi offriva rispetto a San Gottardo: che intanto costringeva molti ad un vero e proprio viaggetto, lasciando poi del tutto esposti ai raggi solari più cocenti come alla pioggia battente e a respirare tanto vento quanto timonieri di traversate oceaniche. Invece nella nuova sede due tribune alle spalle del Bisagno erano completamente coperte. Fatica particolare quanto commendevole degli stessi soci genoani che divisi in squadre eressero le costruzioni, con assidua fatica serale, fecero gli imbianchini, livellarono il terreno. Metri 105 per 63, si ripeteva con orgoglio: misure tali da consentire qualsiasi incontro internazionale...Bottegai della Cheullia, pescatori della Foce e di Boccadasse, commessi e impiegati di mille "scagni" mai avrebbero supposto di imparare - e di urlare - tante parole straniere: penalty, corner, dribbling, e altre, altre ancora...".
(Uno stadio, una storia - Michelangelo Dolcino)
"Se vai a Marassi, e aspetti, tutta la storia del gioco italiano ti passa davanti, in eventi e figure".
(Bruno Roghi, giornalista).
Ieri sera, stimolato dai tanti discorsi sul Ferraris, sono andato a riprendermi quelli che chiamo i "sacri testi" là dove si parla del nostro campo. E mentre sfogliavo pagine, guardavo fotografie e leggevo brani, ripensavo alle due anime che paiono emergere dalla discussione: quella razionale e quella passionale. Di norma, cerco sempre di seguire e dunque far prevalere quel che mi suggerisce la razionalità. Ma non è una regola fissa. Ci sono cose in cui la ragione non può prendere il sopravvento anche se uno si sforza. Specie nelle questioni di "amore". Al cuor non si comanda...E il Genoa è, per eccellenza, un fatto di amore.
Questo stadio è il nostro nel vero senso della parola, perchè - ci racconta il Dolcino - se lo son costruito i "soci", che erano i nostri bisnonni e nonni. xxxxx ricorda che gli adulti, per indicarlo, dicevano semplicemente "o campo" ma ricorda anche, senza ombra di dubbio, di aver udito qualcuno dei più anziani pronunciare addirittura la frase "domennega vaggo in sce-o Zena", a sottolineare la simbiosi indissolubile squadra-città che passava attraverso il campo da gioco stesso che si identificava così con le altre due identità. Ma la di là del significato che nel tempo ha assunto per il genoano, ha anche una valenza storica per il calcio italiano stesso, come sottolineò Bruno Roghi. Non so onestamente se sia il più antico campo da pallone italiano ancora in auge, ma certamente è uno dei più antichi. Uno dei pochi ancora utilizzato che può vantare di aver ospitato un incontro (Spagna-Brasile) dei mondiali del '34. E, al di là delle considerazioni emotive, è uno degli stadi più belli in assoluto, per unanime ammissione degli addetti ai lavori.
Ho provato anche a rispondere al dilemma che molti pongono: è preferibile vedere il Genoa in Champions nel nuovo stadio o in UEFA al Ferraris? Detto per inciso che al di là di ogni altra considerazione è inaccettabile nel modo più assoluto ipotizzare un Genoa che calchi il terreno di gioco di uno stadio intitolato ad un presidente di quelli là se non in veste di squadra ospite in un derby, non ritengo condivisibili i termini in cui l'alternativa viene posta. Per il semplice fatto che il Genoa vado a vederlo a prescindere da chi affronta e per quale campionato o coppa sia valido l'incontro. Anche un'amichevole ha un sapore particolare se vissuta al Ferraris. Alla stessa stregua - e ovviamente estremizzando -si potrebbe porre altra domanda: rinunceremmo al rossoblù delle nostre casacche per una qualunque altra divisa propostaci da chi, in cambio, ci offrirebbe tanto di quel denaro da mettere su non una ma due squadre talmente forti per cui lo scudetto se lo giocherebbero Genoa A e Genoa B?
Vedo che molti fanno riferimento a Champions e Coppe. Li considero traguardi secondari: per me, quel che vale è il titolo della stella. Agli altri ci penseremo dopo. casomai. Dopo.
Non so se potrei accettare di andare a vedere il Genoa su un campo che non sia il Ferraris. Perchè, anche, sono sicuro, mi sentirei in imbarazzo e forse avrei anche vergogna: della gente del "terzo piano". Loro, di certo, non verrebbero. E poi, a loro, "ai bottegai della Cheullia, ai pescatori della Foce e di Boccadasse, ai commessi e impiegati di mille scagni", cosa si vuole gliene possa fregare di quella roba che è la Champions?



i nostri nemici
di Pezzolo il 19/11/2008 11.38

Caro Franco,

io non so immaginarmi “l’ultima del Genoa al Ferraris”, ma sono pronto a resistere all’assalto dei ricordi che nell’occasione certamente ci sarebbe.

Poi può darsi che l’ultima non ci sarà per un po’, o che non ci sarò io quando ci sarà lei, o che col nuovo stadio in costruzione io decida di aspettarne l’inaugurazione senza più frequentare il Ferraris.

 

L’ultima ipotesi sarebbe la migliore, perché si verificherebbe solo nel caso non volessi più aggiungere nulla nella memoria ai colori ai suoni e alle emozioni della festa per la Stella.

Certo dopo per un po’ dovrei macinare chilometri, ma quasi quasi sarebbe un pellegrinaggio liberatore.

 

Ti dico questo perché per una volta non mi trovo a mio agio nella tua visione delle cose: non considero un peso il passato, al contrario lo vedo come la ragione per costruire il futuro.

Se interpreto bene il tuo pensiero direi che quelle che per te sono ragioni (forse) di malinconia per me sono ragioni di amarezza.

 

Senza farla lunga: tre (solo tre!) anni fa errori e congiure hanno portato il Genoa vicino alla sua fine.

La salvezza è venuta soprattutto dalla constatazione che la città, Genova, non avrebbe perdonato i responsabili: questo è stato possibile perché troppo Genoa era, è, ancora nelle memorie custodite da tanti, sia quelli vicini al calcio sia anche molti da esso lontani.

 

La mia amarezza nasce proprio da come questa drammatica vicenda prima è stata valorizzata in intuizioni e iniziative che facevano credere ad un futuro più protetto da quello che tu chiami “annata storta”, per poi diventare un’occasione sprecata.

E qui la parabola dei padroni non mi convince: certo chi ha interesse al declino del Genoa è sempre lì, ma non vorrei che a un certo punto qualcuno avesse ragione nel riproporre la sconsolata epigrafe:

“Abbiamo cercato a lungo i nostri nemici e alla fine li abbiamo trovati. Eravamo noi.”

 

Abraços anche a te.

 

Maurizio Pezzolo





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