Sono stimolato a queste righe, a commento dell'interessante "incursione" di Vittorio in altro campo (ma per chi è "sportivo" qualunque sport è meritevole di attenzione), dal riferimento alle sue origini bolzanetesi. Origini che con nostalgia (ci sono nato - in casa, come usava allora, nel caseggiato noto come la "Semola", cresciuto e vissuto sino ai 35 anni ed i miei li vado a trovare alla Biacca) ed orgoglio condivido, alla faccia del detto per cui "Bozaneo, chi no gh' à da fà, ghe vadde de reo". Orgoglio in parte dovuto anche a quel motivo cui velatamente fa cenno Vittorio nel rimarcare che, per chi bolzanetese, la parola hockey assume significato particolare. Seppur non su prato ma su pista, sempre di hockey si tratta. E sono quei due, forse tre - la memoria comincia davvero a dare qualche segno di sbandamento - campionati disputati dalla Bolzanetese Hockey in Serie A. Ricordo, allora bambino, le sfide infuocate sulla pista della "Neve" contro squadroni come il Monza, il Novara, il Viareggio. E guardate che l'Italia, nell'hockey su pista, è sempre stata nei primissimi posti a LIVELLO MONDIALE, competendo in particolare con Spagna e Portogallo. Il che significa che su quella stessa pista che negli altri giorni della settimana si trasformava in campo di calcio per i ragazzini o nelle serate estive cinema all'aperto, il sabato sera giostravano mulinando rotelle e bastoni i migliori giocatori a livello nazionale nella disciplina. E ricordo ancora l'emozione che prendeva chi, come appunto il sottoscritto ragazzino, rincasando, si trovava a condividere alcuni piani in ascensore con l'impiegato di banca del piano di sopra che, smessi gli usuali giacca e cravatta, in quei sabato sera indossava i colori azzurri bolzanetesi, si muniva di ginocchiere (non avete idea - io invece ce l'ho per esperienza diretta - cosa volesse dire dare delle straccionate su quel terreno giocando a pallone. Si rompevano più le braccia che le scarpe...), calzava i pattini e afferrava la mazza con cui riusciva a fare autentiche magie per depositare in una porticina, che quella in cui precipitò Alice per catapultarsi nel Paese delle meraviglie era addirittura un antro al confronto, una pallina piccola piccola...O nell'incrociare per strada il giocatore più giovane di quella squadra che vedevamo tornare abbracciato alla ragazza da Brasile o da Geminiano...Pochi anni ed avrei capito anche da "dove" esattamente tornavano...Adesso, su quei boschi, sono sorte città. Non avete idea del senso di sgomento, del groppo alla gola che mi prende quando, passando in autostrada, vedo le "casematte" di Begato. Il ricordo di quei posti infrattati dove ho conosciuto una delle versioni, certamente tra le più belle, dell'espressione "diventare uomo", si fa struggente. "Odio" quelle caserme di cemento! Si sono portate via, in modo brutale, una fetta essenziale della mia gioventù. I ricordi di una vita che paiono i più belli forse perchè sai con certezza che sono irrecuperabili. E forse è proprio per questo che mi sfogo con voi, che considero amici...
Irrecuperabili, quei momenti. Come uno "spirito sportivo" puro, per cui un direttore di banca, quello che sulle scale di casa ti passava una mano tra i capelli (che allora c'erano, o belin se c'erano) chiedendo in tono gioviale "aloa, baletta, cose ti dixi?", si trasformava quasi magicamente in un Tony Manero dell'hockey che trascinavava in un delirio da "febbre del sabato sera" una intera delegazione.
Professionisti del "dilettantismo"
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